Ancora belle

E poi arriva quel momento là.


Lei si guarda un po’ indietro e capisce che tutto quel dolore forse ha avuto senso. Poi capisce che per proteggersi si è come  schermata, coperta con un mantello di plastica che fa rimbalzare via tutto. Non permette, là dentro, a nulla di penetrare a fondo.


E nemmeno più in superficie.


Come quando non provi più il calore dell’acqua oppure la temperatura più bassa. Così.
Non sentire carezze e nemmeno gli schiaffi ben assestati.
Andare avanti così, senza emozioni eclatanti oppure con picchi strani.


E la guardo e la vedo ancora bella.
La guardo con gli stessi occhi.
La cerco, forse.
Ancora non si fa trovare ma io le sue cicatrici le vedo. E vedo le sue nuove ferite che sanguinano e bruciano.


Io mi metterei al suo posto; lei non lo vorrebbe mai e poi mai.
O forse adesso sì, ora che poche cose vede tra le sue mani ancora belle.

Ale è così

Ho sempre deciso io per me da quando ho avuto facoltà di farlo.
Io. Nessun altro.


Ho detto Ci sarò per sempre.
Sarò qui, non me ne vado da nessuna parte.
L’ho detto. Tutte le volte ci ho creduto follemente.
Poi così non è stato: ho deciso di proteggere me stessa. L’ho fatto, sì e non ho mantenuto le promesse ma conseguentemente alle scelte altrui.
Me ne sono andata e anche fieramente.


Non si può restare se senti che non è il caso, se dall’altra parte si  vacilla o se hanno di meglio da fare.
Non ho mai costretto nessuno.
Ho scelto di conseguenza però.
Non sono tornata indietro. L’ho fatto per me. E per le persone che mi hanno amato e per chi mi ha cresciuto in un certo modo.


Sono stata insultata.
Sono passata dalla parte del torto.
Sono stata fatta sembrare la cattiva.
Ma io scelgo per me e per la mia vita.
Amici, persone speciali, parenti o chissà che altro.
Ale è questo. Non importa  i titoli che hanno le altre persone. Non faccio distinzione. Proteggo me. Lo faccio per me.

Torno indietro solo se qualcuno si ferma e chiede di conoscermi di nuovo. Non sono così integerrima. Do sempre una seconda possibilità. Soltanto un’altra. Ma Ale protegge sé stessa. Ale lo fa per sé e per rispetto a chi l’ha voluta libera anche a costo di soffrire da lontano.

Per le scale

Star male non è bello ma stare in mezzo a sorrisi e cure attente è speciale.
Sorrisi e abbracci e voglia di ridere anche se trovare qualcosa per farlo, in certi luoghi, è difficile.


Ho aspettato fuori dall’ambulatorio
per mezz’ora per poi capire che ero al piano sbagliato. Appena ho visto la terza persona con arto artificiale…
Mmm… mi son detta… sarò al posto giusto?
Poi ho capito.


Sono su un ottovolante ma almeno sono a casa.


E dimessa con esami e risonanza a tre mesi. Oh … che bello. La parola magica.
Ci speravo davvero mi mandassero nel tubo.
Ma, almeno, mi è stato detto mentre mi rimpinzavano di succhi di frutta e di biscotti.
Mangia Ale. Mangio. Caspita ma come ti vediamo bene… Già. Grazie per la fiducia.

Sei sempre così sorridente…
Mi ha detto la stessa cosa ieri sera il signore delle consegne…Dovrebbero assumerti per rispondere ad ogni citofono.
Portare la pizza a te è una gioia.


Grazie.


Il mio papà ne sarebbe fiero. Le sgridate quando non salutavo nessuno da piccola son servite.


La cosa che più mi manca è sapere  che poi veniva a prendermi… era il suo modo per sentirsi utile. E, anche se stavo bene e preferivo tornare da sola, dicevo sempre Va bene. Scendevo sotto casa e lui entrava con la testa nel bagagliaio a tirava fuori sacchetti di pane, focacce e biscottini del prestinaio più buono di Milano. E salivo felice e già iniziavo a mangiare per le scale.

Passerà tutto e cercherò di stare bene. Passeranno dolori, nausee e sfasamenti.

Al limone

Hai sempre saputo, almeno tu, quanto pensavo di meritare che le cose venissero dette.


Non ho paura per domani. Non ho più paura, nemmeno per la pelle che brucia e arrivo quasi a scarnificarla.


Penso a quanto volessi non provare niente.


Eppure qualcuno arriva per portarmi nel suo dolore come se a me non bastasse il mio.


Vorrei non fosse successo nulla e che fosse tutto come prima. Non voglio quello che è stato ma ciò che sarà. Ecco. Vorrei questo.
Non sopporto i dubbi. Cerco di non averne mai, per questo agisco sempre di mio e per ciò che sento.


Domani sarà un altro tassello verso il solito ignoto. C’è chi distribuisce speranze come fossero caramelle. Ma, alla fine, a me piacciono ancora e da matti. Al limone meglio ancora.

Qualcos’altro

Ecco. Mica mi ricordavo quanto il mio corpo potesse gridare vendetta.


Settimana abbastanza tragica.


Un obeso addosso. Stanca persino nello stare seduta.
Sonno mai provato in tutta la mia vita. Io che dormo quattro massimo cinque ore dalla nascita. Dopo otto ore filate ero capace ancora di addormentarmi.
Male ovunque.
Doccia uscendo con lo shampoo ancora tra i capelli perché era troppa la fatica.


Ma oggi, cavolo oggi, mi sono alzata dal letto come la solita Ale.


Quanto son felice.


Domani non lo so ma oggi è stata la giornata perfetta.
Me ne sono andata a lavoro a piedi talmente ero piena di energia.


Porca miseria che felicità immensa.


Ora posso pensare alle mie cose e al mio spettacolo del venti. E nulla d’altro se non al prossimo step di venerdì.
E chissenefrega se da sabato starò ancora male. La felicità provata oggi rende tutto il resto facile da oltrepassare.


Mica pensavo avrei mai provato tanto male addosso e dentro al corpo. E mica pensavo potesse esistere una malattia del genere.


Prossima vita chiederò qualcos’altro.


E vi invito di nuovo al mio spettacolo del venti per chi potesse…
Io sarò là.

Andata

Cure fatte.

Con anche una sacca di cortisone che non si sa mai, tra le altre cose.

Ma son qui.

Per ora tutto bene.

In ospedale la solita cura, le solite attenzioni e il solito sentirsi come a casa.

Ci sono persone che si occupano degli altri come fossero loro parenti. Lo trovo bello, è qualcosa in più quando stai male.

C’è solo una cosa che non mi convince ma il solo parlarne mi fa stare male e mi preoccupa. Ma domani cerco di chiarire questa cosa che mi toglie il sonno, uno tra gli effetti collaterali che nemmeno potevo credere esistesse.

Più vado avanti e più mi ritrovo in balia degli eventi, a volte belli e a volte avversi.

Mi farò cullare e poi vedremo.

A chi mi ha pensato e rivolto parole belle… Grazie di cuore. Devo dire che, stavolta, e stata un pochetto più difficile di sempre.

Ricercare sempre foto d’autore.

D-Day

Domani domani domani inizio la nuova cura e che sia la volta buona perché credo proprio di meritarlo!!!!!

E speriamo che la vista si fermi a come sia e speriamo che spariscano dolori e stanchezza e che finalmente potrò avere una vita pseudo normale.

Sono molto felice. È una opportunità speciale e stavolta deve davvero portare a uno stop lungo di questa maledetta!

Son così felice da esser super fiduciosa.

È bello avere una luce in fondo da guardare e sapere di avere una chance in più!

Sempre Mia

Voglio presentarvi un prodotto bellissimo e se vi andasse e poteste venire….

Sarebbe davvero bello.

Questo spettacolo l’ho creato con due persone speciali e sensibili, Beatrice e Paola.

Sarebbe bellissimo avervi con noi!

E sarebbe bello poter portarlo in giro.

A quel cospetto

I dolori inflitti, le parole atte a ferire, le male parole viaggiano parallele a tutta un’altra serie di cose meravigliose.


Si può soffrire a causa di qualcuno ma si può essere felici grazie a qualcun altro, anche per un piccolo momento.


Se mi feriscono tolgo il disturbo. Per sempre. Perché per me le persone hanno un valore. Se noto di non averne, sì sto male e soffro ma pazienza. Me ne vado. Non supplico e non piango. Vado. E cerco altre cose belle, altre persone belle, altre anime che siano pure. E ce ne sono parecchie.

Oppure posso anche starmene per i fatti miei; ho imparato presto e posso stare comunque bene.


Vado oltre, anche con un peso dentro. Ma il peso diventa presto dolce, un ricordo che, nemmeno, vale la pena mantenere vivo. Rimane tutto dietro e si allontana sempre di più.

Uso la bilancia. Il dolore provato non si può mantenere dentro perché sarebbe ingiusto.
È più importante dare un valore a sé stessi sapendo bene che cosa è giusto per noi e cosa non lo è.
Perché noi stessi abbiamo un valore che ci è stato dato e ci siamo presi. Ed è giusto mantenerlo sempre a mente.


Tanto poi ci si rende conto che i dolori veri sono altri e tutto il resto diventa piccolo e insignificante a quel cospetto.

Papà

La voce, il profumo, il sentire.
Tutto manca.
Tutto si perde. Rimangono così in stallo quei ricordi che, spesso, li imbastardiamo di altro nella nostra mente. Non sono realmente così.
E tutto manca.
E manca la dolcezza delle parole e degli sguardi.
E manca quella forma d’amore e la fiducia riposta nel DNA. Ci sono domande che nemmeno ci poniamo di fronte a un amore così grande e che mai ritroveremo più.
Manchi papà. Mancherai sempre anche solo nel riempire il tuo posto a tavola.
Manchi papà, manchi.
Sento di esser diventata grande senza la tua ombra che mi spiava dietro.
Sento che la vita mi ha dato una bella batosta.
Sento che mi manca qualcosa , come la coperta dimenticata quando fa freddo, come un vestito addosso quando esco.
E sai… sono molto arrabbiata di non poter festeggiare domani e nemmeno avremo la nostra foto insieme.

Rido ancora papà

Aspetto. Occorre farlo.

Aspetto fine mese.

Inizierò il 29 e non vedo l’ora. Aspetto si sistemino i globuli rossi per poi fare impazzire quelli bianchi.

Certo che il nostro corpo è strano: reagisce.

Il mio attuale è un bidone colmo di dolori.

E la testa?

Quella è sempre in fermento, quella è ancora capace di reagire.

Fatemi ridere perché così mi distraggo. Fatemi ridere follemente anche a costo di sentire le costole distruggersi ma fatemi ridere tanto perché è l’unica cosa che mi riporta a casa con uno scopo.

Rido?

Sì, lo faccio ancora in modo dissacrante anche a scapito degli altri.

A volte mi fermo. A volte esagero ma sono così. O tutto o niente. O bianco o nero.

Rido perché è bello. Rido perché è il mio modo di sputare in faccia agli ostacoli.

Rido per farmi sentire da quell’uomo meraviglioso che vorrebbe sempre sentirmi. Rido perché lo facevo allora con lui e vedere la sua faccia allibita era così bello.

Rido ancora papà.

Rido ancora per te così, se mai dovessi vedermi, saresti lieto. Perderti è stata la cosa più difficile, accettare di averti perduto è ancora una cosa alla quale sto lavorando.

Rido perché è l’unico modo che conosco per affrontare la vita.

Arriva

E domani la neurologa mi chiama.

È arrivato il momento. Non lo so se sia quello giusto o meno ma l’ho sollecitata.

Io sono senza farmaci. Ne sto risentendo parecchio. Possiamo iniziare? Sarei più tranquilla e sto avendo troppi problemi.

Calo della vista, dolori alle gambe e fatica quasi ingestibile. Io le cose le faccio ugualmente ma inizio a fare con troppa difficoltà.

Vedo il bello. Lo percepisco poco, però.

La mia collega ieri mi ha fatta spaventare.

Me la son trovata dietro Oddio ma allora ci sei! Certo Ale che ci sono. Ti ho anche dato un bacio.

Non me ne sono accorta… Non ho sentito. Scusa ma non sento sulla pelle…

E mi dispiace perché lei è rimasta peggio di me. Ma sì, dai, non durerà ancora troppo. L’ho buttata sul ridere ma qui le risate inizio quasi a perderle.

Ma domani avrò la data. Domani ho una piccola speranza che mi dà una visione più simpatica sulla mia vita.

Porcavacca se si fa fatica.

Porcavacca se è dura. Ma… Ma c’è quel ma che questa volta potrebbe essere la volta buona.

Lampi di luce

E mi siedo davanti. Primo posto, come se fossi a teatro.


Lo spettacolo qui è sempre lo stesso ma mi incanta ogni volta.


Ho dietro persone che parlano tra loro o con un telefono tra le mani.


Una voce di donna scandisce nomi di fermate. Oramai la conosciamo bene tutti quella voce e mi chiedo sarà umana o sarà prodotta da un computer?
So solo che è riconoscibile ai più.


Passo a setaccio il vetro e guardo le ombre riflesse. So chi ho dietro di me. Vedo figure alzarsi o sedersi di continuo. Si, un continuo cambiare profili davanti alla mia visuale.


E passa il treno dalla parte opposta.
E passa e interrompe lo scorrere di quelle figure.


Tra i miei occhi rimangono lampi di luce.

Ale senza Gylenia

Ale senza farmaci è una donna con una donna obesa sdraiata sulle sue gambe.

Ale senza farmaci non le riconosce più le sue gambe: cammina con quelle di un’altra persona.

Ale è rimasta senza farmaci perché si deve depurare per la cura nuova, l’ennesima.

Mi sento così uno schifo che non oso immaginare come sarebbe stata la mia vita se non li avessi presi.

Non ricordavo che si potesse fare tanta fatica. Faccio finta di nulla ma è davvero dura anche solo fare un passo.

Domattina vado al controllo del mio sangue e vediamo se finalmente mi daranno l’ok.

Non vedo l’ora di tornare alla mia vita e di tornare a fare tantissime cose.

Faccio fatica a fare qualsiasi cosa come stare in quei sogni dove vuoi andare avanti ma proprio non ce la fai a fare un passo. Sì, ok in quel caso ci sono i significati intrinsechi ma qui proprio no.

Faccio un passo ed è come se avessi fatto una corsa in salita. Mica ricordavo bene quanto potesse essere rigida sta malattia. Eppure… Se fanno quelle pubblicità progresso dove toccheresti ferro di continuo… Ci sarà un motivo. E lo saprei anche ma davvero non ricordavo potesse essere così dura.

Ma credo di essere in un buon momento, nonostante tutto.

Siiiiiii

Ce l’ho fatta.

Un’ora e mezza ma ci sono riuscita.

Nemmeno ho guardato la data degli esiti ma, spesso, poco importa.

Grazie a tutti.

Perché ringraziare le persone alle quali butti addosso le tue paure è sempre giusto.

Ce la ho fatta e non ci credevo nemmeno io .

Ape ha vinto , sono finalmente fiera.

Sarei potuta decollare e atterrare a Londra in quel lasso di tempo. Ma sempre a Milano mi trovo. Ora vado e festeggio. Perché poi degli esiti…ma chi se ne importa…quelli seguiranno il loro corso.

Brava Ape.

Ape felice e sbronza

Seconda parte

Ok, domani ci riprovo.

Perché ‘sto sistema sanitario è solerte solo con me.

La signora mi chiede Ma come mai non l’ha finita?

Eh, come mai…

Perché mi è venuto il panico dopo un’ora dentro come una scema.

Eh capisco… Questo è un esame lungo.

Già. Nemmeno un sano mentale riuscirebbe a fare tanto….

Va bene. Riproviamoci.

Ma no, non sono felice.

Eh no, ma porca vacca ma che ho fatto di male?

E così ci ritorno e sono senza il mio porta fortuna… Ma non era certo quello a farmi passare la paura…

Che poi non è nemmeno paura. Lo chiamerei terrore. Perché la maschera di Hannibal Lecter la odio e odio quel tubo e odio stare là da sola a pensare a nulla fondamentalmente.

Io prossima vita voglio qualcosa di diverso e che mi faccia fare esami solo all’esterno.

Se non mi sentirete più, sarò scappata e nemmeno Chi l’ha visto riuscirà a trovarmi.

Quando non ce l’hai fatta

Perché alla fine non ce l’ho fatta.
Non ho portato a termine la risonanza.
Un’ora e mezza e chiedo Manca tanto? Eh, sì. Non siamo nemmeno a metà esame.
Ok. Tiratemi fuori Non ce la faccio più.
Ma così andrà tutto perduto…in buona parte…
Sì ma io non ce la faccio.
Ci provano a farmi ragionare.
Ci provo pure io ma Non ce l’ho fatta stavolta.
Il tempo era davvero troppo anche per un sano di mente.
Me lo dice chiaro… stavolta era tutto il corpo e l’esame dello studio delle orbite è lungo.
Dobbiamo studiare ancora midollo e poi nemmeno ricordo cosa.
Sono uscita sconfitta e mi sento uno schifo.
Mi sento delusa e so che ho deluso tutti pure quelli venuti apposta per me a lavorare di sabato.
Certo… mi dicono che stare là un’ora e mezza dovrebbe già rendermi fiera.
Non lo sono.
Mi sento uno schifo e tutto questo farà andare le cose troppo oltre.
Ma di solito come facevi?
Di solito ce la facevo ma così tanto là dentro non sono mai stata.
Facciamo così…. qualcosa lo teniamo buono ma devi farcela la prossima volta… Te lo dico da padre. Questo esame lo devi finire. Il tuo cervello è un po’ conciato e devi assolutamente avere delle cure nuove e il prima possibile.
Sì, certo.
E me ne sono andata e no, non sto bene. Mi sento così giù di morale che l’unico modo per farmi stare meglio è stato quello di andare a lavoro. E di avere qualche abbraccio.
Se ne riparla presto.
Ma io ho bisogno di respirare un po’ .

Imperfetta

Fame di vivere sempre avuta.
Di vivere tutto, qualsiasi cosa e qualsiasi momento.
Fretta e furia nel fare le cose.
Sempre.
Avevano suggerito ai miei di sedarmi da piccola.
Non hanno mai ceduto, mi hanno tenuta così.
E così sono ancora: agitata, inquieta, caotica, energica.
E col mondo da scoprire.
Manca sempre qualcosa e allora vado a prendermela.
Dalla malattia in poi questa cosa è peggiorata. Faccio ancora di più e sono in continuo movimento anche senza pezzi che, ai più, potrebbero rivelarsi essenziali.
Per me no. Basta solo andare e fare.
E posso fare senza occhi, senza parole e senza ricordi.
Basta andare e sempre col pedale del freno bloccato come nella serie di Hazzard.
Certo. Non c’è problema se non mi si riesce a stare dietro e se non mi si riesce a prendere. Faccio da me. Mi basto.
Essere troppo o troppo poco non è mai stato un problema per me.
Solo per gli altri, i giudici delle vite perfette.
La mia vita non è perfetta. Mai stata. Sono un matto in una famiglia di matti anche se, di quella famiglia, poco è rimasto.
Ma era la mia ed era così imperfetta che ora io sono felice. Sono felice nonostante tutto e nonostante il caos nel quale galleggio.
Una famiglia imperfetta per una matta imperfetta. Ma felice e capace ancora di esserlo.

Un bel fiocco

Il passo a volte è breve. E quindi arriva puntuale la telefonata …. Alessandra ti ho trovato posto…. mmm… ma in un momento dove tutti criticano il servizio sanitario… ma dico… Ma di già? Ma porca miseria. Già pronto il macchinario.

E io sono davvero pronta?


Non lo so. Faccio tutto ci mancherebbe, mi manovrano e io mi lascio guidare. Fra poco le nuove cure saranno tutte per me. E poi ecco di nuovo l’appuntamento coi tanto odiati esami del sangue. Ore 9.45 in reparto e poi… e poi non voglio sapere di quelle quattro ricette fitte di esami. Alle 9.45 non avrò ancora fatto colazione e sarò pronta a urlare contro tutti.
Se gli esami di tutti i vari virus saranno a posto, via nel tubo e via con le flebo.


Ok.


Io seguo esattamente i passi che mi dicono. Per la prima volta eseguo senza battere ciglio ma non perché non sia più reattiva ma solo perché sono stanca. No. Stufa. Questa parola è più adatta.
Sono stufa mentre l’occhio grida vendetta e mentre mi guardo da fuori e mi dico Che povera Crista.


Altro giro altro regalo.


Ma sto regalo poi dove si deve ritirare? Ah perché io voglio un regalo gigante, avvolto da una carta gialla e rossa e con un bel fiocco di qualsiasi colore, ma che sia grosso.

Sai che novità

Andrà bene, andrà tutto a posto.
Si certo… Ma chi se ne importa?
Chi lo ha chiesto?


A me non interessa, non è quello a cui ambisco.
Io vivo giorno per giorno e cerco di farlo bene, di divertirmi e di ridere. Faccio tante cose andando anche al di là delle mie possibilità, a volte.


Non cerco quel Andrà tutto bene. Non mi interessa, non ci spero perché non lo faccio mai.
Prendo le cose così, come vengono.
Se mi chiedi come sto non cerco qualcuno che mi dica Vedrai che andrà bene. Non dirlo. Non è quello che cerco e non è ciò che chiedo. Sono strana? Sì ma sai che novità.

Cambiare umore

Acqua fresca a quanto pare.
Butto giù acqua fresca e, per me, è una doccia gelata.
Gli occhi non rispondono. Inizia a diventare una costante che detesto.
Altro farmaco. Questo dovrebbe essere quello giusto.
Quante volte l’ho già sentita questa storia?
Allo sfinimento.
La guardo fissa negli occhi e penso ad altro. Penso alla me nel tubo, ancora. Penso alla me in day hospital, di nuovo. Penso alle mie braccia piccole piene di buchi vecchi e nuovi.
Penso a quelle ricette piene di esami mai sentiti prima. Falli presto, ci vorranno due settimane per gli esiti.
Penso ai miei pastiglioni giganti, quell’acqua fresca che non ristorerebbe nemmeno un naufrago su un’isola deserta.
Penso che, a questo punto, dovrei anche già essere stufa e stanca.
Ma non dico una parola. La mia faccia ormai se la saranno impressa bene, forse l’unico luogo dove rimango senza espressione; mi sento  Stallone che, triste o felice, è sempre uguale.
Ok.
Ok dico.
Farò tutto.
Farò gli esami ed entrerò in quella camera iperbarica per soggetti strani, come me.
Dopo un giorno di felicità assoluta ecco che arriva lo stop, sia mai.
Esco.
Con tutte le mie cose che prendo su come fossero cenci da buttare.
Metto al sicuro le ricette come fossero la refurtiva di una grande rapina.
Altro che avere già l’idea di passare a prendere i farmaci soliti per non dover tornare…
Non è che oggi sia uscita con la mia solita spensieratezza da quel posto… il pensiero di ricominciare tutto per l’ennesima volta non è così allettante
..allora sono andata all’Inter store e mi sono comprata una maglia.
Perché sì, ogni tanto premiarsi fa cambiare umore.

Dopo

Grazie

Grazie.
Al mio papà in primis che mi portava in giro e mi diceva di tenere sempre gli occhi aperti e di farmi mille domande. Sì, poi ho iniziato a farmene anche troppe. E a farne.


Grazie a chi è venuto.


Grazie a chi mi ha dato l’opportunità di poter fare questa mostra alla quale tenevo parecchio.


Grazie a chi ha creduto in me.


Grazie a chi era ugualmente con me tra le mie foto. Anche non fisicamente.


Grazie a chi mi riempie di abbracci e a chi si stupisce ancora di come sono.


Grazie perché dirlo è fondamentale.


È andata alla grande.
E sono molto contenta di me.
Era pieno di gente anche che non conoscevo.
E grazie a chi mi sostiene in tutto quello che faccio.
Grazie davvero.

Una bomba

E ora?


Risposi ma più per gli altri che per me.
Ci credevo sì, ma era più importante vedere gli altri tranquilli.
Ma sì, ci credevo.


E ora dovrà per forza essere qualcosa di bellissimo. Così dissi anche perché non si tornava indietro ma solo avanti e anche velocemente.


Sono passati anni da quel giorno.
Ed è stato davvero qualcosa di bellissimo.
Mica potevo pensare che la mia vista stramba mi avrebbe regalato un mondo nuovo. Diverso e altrettanto bello.


Quando chiesi Ma quando ritorno a vedere il rosso e il fucsia e il giallo che mi piace da matti e l’arancione?
Eh… Difficile dirlo, più probabile che la risposta sia mai più.
Ah… ok… ma quindi quando? Mesi? Perché come faccio a vivere senza colori? E senza vedere bene? E come faccio senza i contrasti? Le parole sulla carta?
Quando tornerò alla mia vita?


Mai.
Ah.
Mai significa mai più?
Sì.
Come la morte quindi.


Un mondo senza colori mica si può apprezzare. Un mondo senza colori che senso potrà avere?
Eppure… eppure nella vita ci si abitua a tutto e anche piuttosto in fretta. È stato necessario prendere le misure del mondo nuovo e poi entrarci e restare.

E imparare a vederli ugualmente perché, a me, a volte, sembra pure di vederli ancora. In caso chiedo. E me li faccio spiegare ma non tutti sono così bravi a raccontarti un colore. Eppure le persone ci provano.
Si impegnano. Per poi dimenticarsi perché Ale sembri sempre a posto.


Eppure… Ho un corpo che grida vendetta ma gli ho tolto la voce così non lo sente nessuno.
Ma questo nuovo mondo è una bomba, davvero.
E le mie foto sono i miei nuovi occhi.

In pace

Piccole paresi crescono.
Son tornate.
Ridere e avere il sorriso stampato in faccia.
Tanto lo avrei comunque.
Beh, ok non sempre ma quasi.
E quella piuma costante sulla punta del naso che mi fa così tanto solletico da volere uno zampino costante a portata di mano.
Ma farò finta di nulla.
E la pelle brucia anche se non sento nemmeno i gradi a cui metto l’acqua in doccia.
Chiamo.
Visita il 23. Prima una serie di prelievi che non mi faranno fare la mia colazione quando dico io.
E poi… ma perché ogni volta che ho un evento bello devo passare prima le pene dell’inferno?
Sarà che poi uno si gode di più le cose… eppure io me le godrei lo stesso, davvero…non c’era bisogno di tutto questo…
Allora mi spacco le orecchie coi Ramones e ballo. E poi me ne esco per la strada perché camminare per la città è l’unica cosa che mi riporta in pace.

Più forte di prima

La vecchia zia, che forse all’epoca così poi tanto vecchia non era, ci dava sempre le linee guida.
Non dovevamo stare dove si sentiva del disagio. A livello fisico oppure emozionale.
Se non si stava bene in luoghi o con persone bisognava andarsene via, fare di tutto per scappare.


Gli insegnamenti o le parole che ci sembrano strane le si capiscono meglio col tempo anche perché gli adulti non si spiegano mai tanto bene come dovrebbero.
Capii col tempo.


Sono stata una bimba carina e poi un’adolescente carina.
Quel disagio lo sentii prima di quanto credessi.
E mi spaventai e mi vergognai così tanto da starmene in silenzio un po’ sull’accaduto.
Ma poi parlai.
E capii.


Ricapitò mentre proprio non me l’aspettavo.
Avrò avuto sedici anni e il lui in questione ne avrà avuti almeno venti o trenta più di me.
Ecco. Lì mi assalì una rabbia tale che lo presi a pugni e calci in un bar.


Purtroppo riaccadde. Il problema, anche parlando con le amiche, è che quello che succedeva a me succedeva anche a loro.
E ognuna di noi aveva il proprio modo per fare quello che diceva la zia ovvero scappare a gambe levate nel minor tempo possibile.


Non lo so se sia, purtroppo, a causa  dell’esperienza ma si impara a mettere paletti e a non fare entrare qualcuno in determinate aree della propria vita e del proprio corpo.
Si reagisce. Si mettono in pratica tattiche di sopravvivenza che non immagineresti mai di avere.


So una cosa. Sono fatti infami.
Sono atti che non dovrebbero esistere perché non sono giusti semplicemente.
Il corpo altrui non si può toccare senza permesso e senza il piacere dell’altro. Cose ovvie? Per me sì, sono cose ovvie. Ma quando ti trovi su una scala mobile e vedi una mano che si sta avvicinando dove non deve…Io picchio ancora e lo faccio anche più forte di prima.

Anche quando non lo è

Chi sia stato bene non saprei,
ma qualcuno deve pur avermelo insegnato a vivere così, senza fare troppi drammi.


Sarà che quando cadevo la mia mamma mi diceva dai dai su rialzati che non ti è successo nulla. Nemmeno dopo gli incontri di Wrestling con mio fratello o quando facevo Mike Tyson coi suoi amici. Persino quando entrai nella vetrata; ricordo le mie cosciotte sulle gambe della mia mamma e mi diceva Dai su che fra poco siamo in ospedale e andrà tutto bene e mi faceva ridere anche se avevo un braccio mozzato e il mio sangue l’aveva coperta completamente.


Saranno state tutte quelle zie vere o presunte che ascoltavo per ore nell’altra stanza mentre si scambiavano discorsi da grandi.


Saranno state le persone che badavano a me e cercavano di non destare sospetti su come stessero andando le cose e mi porgevano sempre dei grandi sorrisi e tanti baci.

Sarà che mi hanno sempre spiegato le cose bene non rendendole, così, ancora più grandi e spaventose.


Al funerale dello zio Anteo ricordo che andavo in giro a chiedere perché non avesse le dita visto che lui in vita non mi rispondeva mai. Facevo finta di essere come lui e nascondevo le dita nella manica perché era così elegante e bello che volevo assomigliargli. Nonostante le sberle che ricevevo perché le persone non si prendono in giro ma io lo facevo solo perché mi sembrava un figo.


Al funerale della zia Elisa ero vicina al mio nonno che mi diceva fai almeno finta di dire le preghiere, muovi la bocca.


Qualcuno me lo avrà pur fatto vedere che la vita è sempre meglio festeggiarla, soprattutto quando ti regala i momenti peggiori.


Tutte quelle zie e tutti quelli che avevo accanto avranno pur fatto un buon lavoro perché io non mi dispero mai e non perché non soffra o non mi colpiscano le cose, perché qualcuno mi ha insegnato che si va avanti sempre e comunque. E si festeggia. E si va avanti perché Sai Ale, la tua vita è l’unica cosa che deve contare. E devi cercare sempre di fare del tuo meglio per renderla bella anche quando non lo è.

Stare. Bene.

E torno con una voglia irrefrenabile di scrivere e comunicare.


Perché oggi mi ha fermata una ragazza, giovane e carina e con i capelli bicolore.
Aveva voglia di parlare con me.
Non lo so perché ma capita spesso e domande non me ne faccio più.


Essere scelti.
Essere prede in modo dolce, essere pronte a comunicare.


E poi uno può chiedersi Perché è successo? Che cosa mi porto a casa?


Ho portato a casa non so bene che cosa, se non una sensazione bella, come se qualcosa andasse ad aggiungersi dentro, un tassello prezioso che mi ha destato e mi ha riportata a una sensazione di bellezza.
E avevo voglia di fermarmi.
Avevo voglia di raccontarle anche io la mia giornata e perché no? Dirle ad esempio che avevo avuto una giornata buona e piena di gentilezza e piena di tante cose, di risate, di parole espresse bene perché sentite.


Ho sempre tempo di fermarmi. Anche quando penso di non averlo e faccio tutto di fretta, facendo indigestione di cose in modo quasi compulsivo.
Avevo voglia di vicinanza forse, in quel modo casuale che mi succede spesso. Forse basta un sorriso. Non lo so bene ma forse è voglia di fermarsi a conoscere gli altri. Io credo che gli altri facciano bene. A me fanno bene.

Ridere di me

Buon anno per tutti .
Non sono più tornata qui semplicemente perché non avevo nulla da dire.
Eppure di cose me ne sono successe e molte e più belle che brutte. Forse solo belle.
Il problema è che tutto ciò che di bello mi accade mi lascia sempre uno spazio di tristezza infinita perché non posso condividerlo con il mio uomo preferito di tutti i tempi.
La sua mancanza mi ha travolta come una frana, lasciandomi tra l’interdetto e il confuso.
E lo cerco di continuo.


Eh sì…. interdetta. Come qualcuno che guarda un orologio rimasto indietro oppure che va avanti a caso.
Guardare l’ora, affidarsi e scoprire che è sbagliata.
Non lo so se sarò costante. Ogni volta che torno qui mi dico wow questa è casa mia. Ma non riesco ad essere così tanto spensierata dal tornare in modo scanzonato.


Di danni ne combino sempre tanti. Oggi ho scoperto di aver vinto un concorso e nemmeno ricordo che foto ho inviato.
Rimango, insomma, il solito disastro. E questa è l’unica certezza che mi tiene compagnia e mi fa ridere di me.

In entrambi i casi

La violenza di cui si parla molto in questi giorni non è solo quella fisica. Quella verbale è atroce e ferisce nello stesso modo.
L’ho subita? Sì.
L’ho regalata? Sì.

Sono stata aggressiva verbalmente? Sì.
Ero arrabbiata e mi sentivo delusa e ferita. Ma non è una scusante. Infatti, dall’altra parte, chi se ne è andato per non tornare ha fatto solo bene. L’avrei fatto anche io.


Eppure l’esempio che ho avuto in casa è stato l’esatto opposto.
Hanno litigato parecchio i miei genitori ma si sono sempre rispettati e mai si sono rivolti parolacce atroci. Mai. E si sono sempre amati e voluti bene in primis.


Ma io l’ho fatto. E poi ho riflettuto e mi son detta… Mai più.
E così è stato. Ho preso il loro esempio e l’ho fatto mio sul serio.

Poi l’ho subito. Il Karma? Forse. O forse una sorta di equilibrio per capire ancora meglio.

Sono stata ricoperta di parolacce al culmine di una rabbia stupida e inutile.
Me ne sono andata. Senza nemmeno rispondere o chiarire : non se lo sarebbe meritato il soggetto in questione.
Era così arrabbiato su qualcosa che vedeva solamente lui.
Eppure si vantava di avere un rispetto estremo verso le donne.
Beh, io non è quello che ho ricevuto.
Capirà di avere ferito e fatto del male? Glielo auguro. A me capire ha fatto bene.
Ma sono sicura che si senta ancora dalla parte della ragione, supponente come era.
Ma a me poco me ne importa di ciò che sarà della sua vita.

Fanno male alcune parole. Sono schiaffi ben assestati che permangono a vita.

Meglio o peggio di uno schiaffo?
Uguale.
Sono figlie della stessa violenza.
Ma in entrambe le direzioni sia ben chiaro. Sia fatte o subite da una donna tanto da un uomo, sempre che davvero crediamo nella parità di genere. Hanno la stessa valenza e sono gravi in entrambi i casi.

Il vuoto si può riempire

Ci sono momenti che mi sento così tanto arrabbiata verso le ingiustizie del mondo che sono capace di autosvuotarmi dentro da sola, di mio.


Che siano guerre, omicidi oppure gli anzianotti che per forza alle nove vogliono fregarti il posto in cassa perché hanno fretta. E tu chiedi anche Ma scusi, ma perché? Capirei non deambulasse bene ma perché? Se ha così fretta venga dopo o non venga proprio.


Sono davvero capace di sentirmi svuotata. E anche vuota, talvolta, ma questo solo perché mi manca da matti il mio papà e tutti i miei affetti che, guarda un po’, quando arriva il momento delle feste, del freddo e del Natale ecco … si ingigantisce parecchio quel vuoto. Se solo penso alle tavolate natalizie del passato mi sento tanto sola.


Per questo non mi viene da scrivere. E quindi non scrivo un po’ come sorta di equilibrio verso quelle ingiustizie di cui parlavo sopra.


Poi riprendo la retta via.


E dico e ora Ale, vai al supermercato a fare qualche dispetto. E divertiti e riprendi possesso di quel vuoto e riprendi a riempirti.
Così eccomi all’Esselunga all’orario giusto, quello dove tutti si fermano per prendere quelle due cose dopo il lavoro… due cose… all’ora giusta della fame e del vuoto nello stomaco che ti fanno sentire la necessità di cibi che in altri momenti nemmeno guarderesti.


E, allora, la perfida Ale inizia a lanciare cose a caso nei carrelli altrui. Cose improbabili e di poco conto giusto perché, se uno non se ne accorge al momento del pagamento, almeno non spende troppo per colpa mia.


Ho messo i dadi Knorr in un carrello, dei salamini in un altro, poi delle caramelle alla violetta, delle fette biscottate che già sembravano di sughero nella foto e via così…
E poi ho visto un bambino che mi guardava da dentro un carrello e allora sono andata a prendere un pupazzo gigante e mi sono riempita di selfie di fronte a lui. Poi ho preso il pupazzo e l’ho fatto sedere sui rotoloni delle mani. E da qui ho ripreso coi sacchetti per l’umido e dei cerotti.


E poi me ne sono andata. Sono tornata a casa e ho ripreso a scrivere.


Scusate l’assenza e scusate se doveste mai trovare cose strane nelle vostre spese ma sappiate che avete fatto in modo di far stare bene una bimba dispettosa.

Qualcosa di caldo

C’è  stato quel fatto così grande che io mi sono sentita come piccola, di nuovo.
E quando ho avuto bisogno, mentre ero talmente ottenebrata dagli eventi, che mi è venuto
di chiamare la mia persona speciale per chiedere E ora che cosa faccio?
E ho sentito la sua voce alla quale mi sono appigliata. E sono ritornata grande per affrontare gli eventi.
Vai lì, vedrai, sono dolci.
Dolci… quella parola magica dove sentirsi un po’ accuditi.

E io cercavo i suoi vestiti e quelle sue scarpe preferite in mezzo a cumuli di altri abiti gettati. Cercavo pezzi di lui sbattuti in un angolo.
Ed ero così disperata che avevo bisogno di fermarmi.

La mia famiglia allargata, quella che ho trovato accanto ai pezzi che  ho ancora.
Famiglia… dove tornare, dove ritrovarsi, dove poter essere disperati oppure schermati per proteggere gli altri. Esiste qualcosa di più caldo?

Bastava

Vedo la mia vita in due parti.
Non prima e dopo la malattia ma prima e dopo il mio papà.
E mi sono successe cose belle e non ho potuto dirgliele.

Ma cose tanto belle che lo avrebbero reso fiero un po’ di più.

Avevamo due visioni diverse della vita ma ha sempre amato, anche se guardato con sospetto e paura, il mio modo di fare. E di come percepisco l’esistenza.

Quanto aveva paura che io potessi non trovarmi bene nel mondo o che qualcuno potesse farmi del male.
Mi vedeva forte e la cosa mi riempie di gioia. Sapeva me la sarei sempre cavata, in un modo o nell’altro.

Il mio modo di guardare i problemi lo ha sempre sollevato, credo.

Se ormai la mia malattia non era più quella cosa enorme che sembrava sovrastarci, credo sia stato merito mio.

E lo vedevo comunque tranquillo. E sereno. Perché sapere di avere un figlio malato non deve essere una passeggiata. E non lo è stata per lui.
Ma mi vedeva comunque felice per davvero dentro la mia vita che vedevo il suo animo quieto.

A me bastava questo.

Se si può

Ho perso il mio papà e ho continuato a vivere.

A volte malamente. A volte bene.

Manca sempre qualcosa che non fa stare poi così bene. Manca qualcosa di enorme.

Ma sono andata avanti, portandomelo dietro in ogni successo e in ogni insuccesso.

Cammino per Milano, oppure in altri siti, e qualcosa me lo ricorda sempre, come se avessi sempre paura di perderlo o come se avessi paura di dimenticarlo.

Ma non dimentico quella pelle profumata che baciavo di continuo.

Manca, sì, come se mi avessero tolto un pezzo, uno in più.

Manca come se avessi una mano dentro che mi spappola.

Ma se si può comunque andare avanti senza il proprio papà, figuriamoci senza le persone che ci hanno fatto del male inutile, giusto, forse, per una forma di sadismo personale.

Per tutti quelli che

Per tutti quelli che hanno creduto in me senza ostacolarmi.

Per chi mi ama sopra tutto anche e nonostante tutto.

Per chi mi vede come qualcosa di bello per la propria vita.

Per chi crede che incontrarmi sia una fortuna e non una disgrazia.

Per quelli che mi amano come sono, pregi e difetti insieme.

Per chi guarda le mie foto e legge i miei scritti e sente dentro qualcosa.

A me che ce la sto mettendo tutta, nonostante le difficoltà sempre dietro gli angoli.

A me che credo in ciò che faccio anche senza più il mio faro davanti.

Al mio papà che è sempre qui e che voglio fare conoscere perché mi ha sempre sostenuto anche quando non approvava le mie scelte. Ma le ha prese ugualmente col suo cuore buono e pazzo di me.

A voi che state qui anche se adesso riesco a essere meno presente.

E se volete vedere le mie foto…

Fino al 10/02/24 c/o Auxologico Via Niccolini 39, Milano.

Ah… agli altri no.

A quelli che hanno avuto paura del mio modo di essere, a chi mi ha puntato il dito credendosi superiore, a chi non mi ha dato possibilità di replica, a chi non ha voluto un confronto. A chi mi ha usata e preso in giro. Ecco… a quelli no.

Sex&thecity

Presente quando incontri qualcuno nella vita e metti sul tavolo solo il meglio?
Tipo una famiglia da mulino bianco e cose del genere?
Poi più ti frequenti e più ti apri e più salta fuori anche il peggio senza che sia più una vergogna…


Ho un gruppo di amiche dove ci diciamo tutto, bello e brutto, fragilità e debolezze e tutto quello che davvero capita nella vita. Il meglio e il peggio, tutte quelle cose che poi ci fanno ridere così tanto da avere le lacrime agli occhi.
Perché capisci davvero che quando puoi davvero dire tutto…beh allora è fatta, sei a casa. E io con loro mi sento a casa. Perché sono io col peggio di me e col meglio che posso dare loro.


Aprirsi a qualcosa di nuovo e tenerci così tanto da metterci davvero impegno.


E, nonostante tutto e nonostante le nostre vite strambe, ci siamo ogni settimana come le amiche di sex and the city anche con vite meno interessanti, forse, ma vere anche nel peggio che la vita può offrire.

Se non si ha una storia… che cosa si ha?

E quando non avevo un posto dove andare… ho trovato casa. E mi sono fermata. Perché ci sono fatti troppi grandi per affrontarli da soli.

Sarà un compleanno bellissimo

Il mio nonno mi diceva Vivi Felice ogni volta che mi salutava.
Per il mio papà lo ero quasi fin troppo.
Ho sempre vissuto tutto con dentro quella frase che mi faceva da apripista.
Quindi Ale… Vivi felice.
Nonostante tutto, nonostante le brutture del mondo e delle persone che, a volte, si manifestano così, quando meno te lo aspetti.

È la cosa che vorrei dire a te oggi: Vivi Felice.


E ti do il benvenuto nel mio mondo fatto di corse, di parole sempre dette, di cose che fanno sobbalzare impedendomi di stare ferma e piena così tanto da dover continuare a parlare.
Mi sento viva. Ed è la cosa che oggi ti auguro, più di tutte. E di avere sempre storie da raccontare, quelle che mi fanno fermare a leggerti.


Presente quelle persone che sono sempre visibili, che si tengono tutti gli occhi addosso, che non si perdono mai di vista?


Ti auguro col cuore di trovarti sempre al centro di ogni città e di essere ingordo di panorami da brivido e di luci abbaglianti che filtrano dalle vetrate.
Perché sei pieno di cose da spargere in giro.

E sarà un compleanno bellissimo.

La prima birra che stapperò sarà per te, oggi.

Dal mio occhio destro

Se mi volete venire a trovare o a conoscere io sarò lì!

Inaugurazione 14 settembre h17

Via Germanico 84, Roma

In ogni caso… Vi porto con me.

E grazie per ogni parola di sostegno in tutti questi anni che sono qui.

Io e Ale 🐝

Ciao a tutti! Dopo anni di amicizia nata proprio qui su WordPress, finalmente io e Ale ci siamo incontrate sabato pomeriggio a Milano! Il tempo era poco, ma ci rifaremo… nonostante questo non sono mancati ritrovamenti strani Tra cui un surreale bambino nella culla, mollato fuori da un negozio come un carrello E un caffè […]

Io e Ale 🐝