Nonno docet

Lasciando la porta aperta, si può rischiare qualcosa.

Io ho rischiato di inciampare.
Ma sono rimasta ferma, ritta e con le piante ben assestate sul terreno.

In altri momenti sarei rimasta male. Ma oggi sono più forte ancora. Le parole hanno un peso forte. E cerco di ricordarle bene. Sia quelle dette sia quelle udite.

Questa volta quelle udite sono state peggiori delle mie.

La parola più assurda è stata egoista.
Mmm… Ecco, no, proprio no.
Egoista mai stata anche quando sarebbe stato meglio esserlo.
E non lo sono per un semplice motivo: ho un fratello che amo.
Quando ami fortemente una persona con la quale cresci e della quale conosci molto, non puoi proprio essere egoista.
Perché si impara a condividere le cose, i regali, il cibo e l’affetto della famiglia.
Per me tutto è sempre stato dividere e fare spazio all’altro.
E vi garantisco che ho sempre pensato prima a lui. Mi sono sempre assicurata avesse prima di me.
Quindi no. Egoista no. Non lo accetto. E non accetto la rabbia e il voler ferire. E non accetto che non ci si possa parlare civilmente e spiegare. Perché, se ne vale la pena, ci si vuole chiarire.

E gli addii per messaggio mi fanno schifo. E scusate la parola.
Chi si erge pensando di non sbagliare mai… lo rifiuto.
Eh sì, ho sbagliato a valutare ma sapete… Quando servi ti fanno vedere la parte quella linda e lucida di una medaglia da prendere e buttare.

Ecco. E pensate… non si trattava nemmeno di un fidanzato ma bensì di qualcuno arrivato spacciandosi per amico.

Una sola parola è stata sufficiente per capire che, non solo aveva capito zero di me, ma anche quanto fosse povero dentro.

Ale ha sofferto?
No. Per la prima volta no. Ed è stato tutto merito di quella parola scritta e nemmeno pronunciata a voce, immersa tra altrettante parolacce inutili e arroganti quanto quell’essere.

E di una cosa sono felice: me ne sono liberata e fortunatamente nemmeno ho sofferto.

Rimpianti? Nemmeno. Ho aperto la porta. Ci sono stata. Quanto bello è? Quanto fa sentire bene?

E ricordo le parole del mio nonno… se nemmeno vai d’accordo con un fratello o una sorella quando hai l’immensa fortuna di averli.. allora nella vita non hai nulla.

Non sono perfetta ma qualcosa ho imparato dai miei errori madornali.

Ho fatto del male e ho ferito.

Ho imparato a stare attenta con l’uso delle parole e, per la prima volta, ci sono riuscita.

Ho chiesto scusa alle persone ferite in passato. Giustamente, forse, non sono mai state accolte.

Il dolore, soprattutto quello che ho inferto, mi ha insegnato molto.

Io

Aspettavo il giorno della vivisezione per tornare qui. Dovevo prepararmi con cura.
Quel giorno, ieri, è arrivato.
E sono qui.

I miei occhi sono stati rivoltati, scarnificati, sezionati.
Ogni esame mi dava un senso di nausea e stanchezza mentale forte.

È stato un impegno.

Schiaccia il pulsante quando vedi la luce.
Chiaro.
Vai…l’esame è iniziato.
Eh immagino.
Non la vedo che cosa posso fare? Non sono più a scuola dove potrei anche barare.
Tranquilla, Alessandra.
Sono tranquilla. Ma non cambia.

Ho capito una volta di più che la mia vita non va mai una sola volta come dico io.
Ho amici che hanno programmato matrimoni e poi figli.
Arrivati come e quando dicevano loro.

La mia non va mai dove dico io.
Ma sapete?
Non la cambierei  mai con quella di nessun altro. Non cambierei nulla e mi terrei anche questa malattia.

Sembra strano? Il fatto è che nel mentre la mia vita prendeva direzioni a caso a sua propria volontà, a me sono successe cose. Anche meravigliose talmente inaspettate.
Cose bellissime. E cose orribili.
Persone belle e persone meno.

Ma le persone belle sono davvero da guardare e ammirare e ci sono, semplicemente.
E le cose belle sono da volerle di nuovo e ancora.

Tutto ciò che mi è capitato l’ho preso. Ho aperto le mie piccole braccia e le ho accolte tutte.

Io credo di essere una persona fortunata. E anche bella e con la quale valga la pena passare del tempo. E sono buona come quell’uomo che mi guardava sorridendo da lontano e mi riempiva di amore come mai nessun altro farà più.

E poi ho incontrato lui. Lui che , prima di tutto, è il mio migliore amico, il mio compagno, la persona che è lì a ridere di me e con me, proprio come faceva il mio papà.

Ti terrò la mano

Obiettivo prioritario: trovare una nuova via d’uscita.


Se si ha voglia si possono abbattere le difese, soprattutto quelle disposte a caso senza nemmeno sapere il perché.


Ora devo pensare a me e ai miei occhi. Non ho più voglia di capire né tantomeno di giustificarmi di cose che non ho commesso. Non ne ho più voglia di fermarmi a spiegare.


Penso a me e al mio giorno in ospedale. Penso a me e a come fare a gestire ciò che verrà.
Gestire… non sono il tipo. Ma so che posso farcela, come sempre del resto e so che io, Ale, ci sono.

Farcela non significa per forza avere una vita migliore. Farcela vuol dire stare anche nella stessa ma con qualche energia in più.

Ho un debito di gratitudine verso le persone che ci sono perché vogliono e perché sono io, Ale.

Ale, ti proteggerò sempre perché sei la mia famiglia. Mi siedo accanto a te e quel giorno ti terrò la mano.

Avanti comunque

Poche cose mi danno sui nervi.
Ma ce ne è una in particolare: quando non mi danno possibilità di replica.
Quando non mi fanno spiegare anche se ho ragione.
A me della mia ragione poco importa. Vado avanti lasciando indietro. E se decido di oltrepassare non porto le cose con me.


Chiedo scusa quando ho torto e a volte anche quando ho ragione. Beh… di rado ma lo faccio se serve a non portare nel bagaglio cose che, fondamentalmente, sono inutili.


C’è chi si porta tutto con sé, rancori e verità che non si vogliono vedere per nulla al mondo. E resta nel proprio.


Col tempo a disposizione lo trovo stupido.
Ma non siamo tutti uguali. A volte siamo capricciosi e testardi.


La possibilità di replica significa giustizia. E sparire lo trovo infame. È decidere per due. È non fermarsi a tutelare l’altro. È non voler vedere e fare del male gratuito. Sì, lo trovo alquanto infantile.

Sarà che mi piace sempre dire tutto ciò che ho dentro forse quasi allo sfinimento. Ma trovo giusto fare sapere e trovo giusto parlare.


A volte mi sento delusa e mi sento poco importante. Anche se ho ragione.
Le persone forse credono di avere un tempo infinito a loro concesso.
E le cose rimangono irrisolte per sempre.

Vivo bene? Sì. Perché almeno, quando mi danno la possibilità, mi sento leggera. E quando non ho questo, va beh… metto in tasca e vado avanti.

Direzioni

Ho accettato un passaggio.
Sono tornata libera e ho una grande voglia di viaggiare. Anche senza andare troppo lontano: non è fondamentale fare chissà quanti passi.


Qualcosa mi rimane impresso nella testa.
Trovo incontri interessanti nel mio viaggio.


Cerco di rimanere responsabile verso le persone che incontro. Sto attenta. Ci provo. Anche se non l’ho sempre fatto. Ma crescere è anche  cercare di imparare.


C’è chi dona un proprio talento.


Cerco di donare i miei e non mi aspetto nulla in cambio.
Qualcuno mi ha detto di non aspettarmi nulla dagli altri: io trovo la cosa triste. Ma quanto aveva ragione.


Vengo attratta come una calamita verso le sofferenze altrui. È il mio modo di vedere e di pensare. Decido di rimanere anche se so già che verrò disturbata.


A volte mi imbatto in incontri che danno una direzione alla mia esistenza.

Mamme

Perché tagliano la torta con la punta del coltello verso il basso e fanno tante parti assicurandosi che ogni bimbo alla festa abbia la sua fetta.
E fanno girare il piatto in senso antiorario tagliando alla perfezione e con un ritmo interno perfetto.

E si assicurano che ce ne sia sempre per tutti.

E sembrano grandi e noi ricordiamo il nostro braccino in alto per stringere una mano nella nostra piccola.

E le vediamo belle. E forti.

E ci tengono sotto controllo coi loro occhi attenti anche quando non le vediamo. E ci seguono per non perderci di vista anche in mezzo a tante persone.

Centro

Come stare dentro a cose già vissute. Come conoscerle alla perfezione.


Il nonno diceva La storia è ciclica, i fatti si ripetono.
Porca miseria… ma come faceva ad avere sempre ragione lui?


E ormai Ale sa già come andrà a finire.
Sente emozioni sulla pelle, sa bene quando si sta per mettere nei guai.
E ci si mette sempre.
Perseverare è diabolico?
Eh sì.
Ale ha fatto centro. Anche stavolta.
Sapeva già come sarebbe andata a finire.
Ma Ale è diabolica forse più della perseveranza.

Quando i conti tornano alla perfezione bisognerebbe essere tranquilli.

La solidità non viene intaccata dal tempo. Venire inghiottiti è una paura grande, forse quella che accomuna ogni essere umano.

La domanda è Ale conosce posti utili dove ripararsi?
Sì. I posti nei quali c’è leggerezza nonostante gli sbagli e gli errori madornali.

Ale si guarda nello specchio e conosce bene quel tipo di sguardo un po’ sperduto.

C’è posto anche per lei?


Come spingere su un autobus affollato. Come ritrovarsi nel centro  così da non avere paura di essere cacciati fuori.
Mai sul bordo, mai sul limite.

Rimanere coinvolti è ritrovarsi in quel centro.

Il viaggio ricomincia

Sai, ho grandi novità: a volte coloro andando fuori dai bordi.


Mi sento come fossi nel cuore fiorente delle cose.
Vado in giro aprendo i miei occhi.
È tornato il sole; lo so che mi fa bene e che è mio alleato ma io faccio parte di coloro che lo rifuggono, vivendo bene nel bianco e nero e nelle ombre.


Raggiungo quella che ritengo la mia oasi. Trovo acqua fresca e placo la mia sete.


Ogni giorno questo viaggio mi conduce verso la mia stessa sopravvivenza. Cerco di trovare il punto di equilibrio e, per fortuna, lo trovo quasi sempre, ogni giorno.
Le sento le speranze nuove e ogni sfida mi porta nuove opportunità e le colgo.


Sorrido. Sarebbe uno spreco non farlo. E cammino veloce, a volte a casaccio, ma cerco sempre di trovare la strada decisiva. Memorizzo quella del ritorno in caso avessi qualche ripensamento.


Cerco ancora acqua e cerco cibo.
Il viaggio ricomincia , ogni giorno.

Occhiomela

Mi sta chiedendo molto.
D’altra parte, lo faccio anche io.


Prepararsi al peggio non è un’opzione. Mai stata.
Anzi. Mi son sempre preparata per accogliere solo cose belle, solo il meglio. E funziona eccome, perché do credito solo quando le cose vanno bene. Si, mi comporto sempre così e vi dirò…mi salva sempre la vita.


Sto lavorando parecchio per ritrovarmi. Pagherei ma non per trovare la vecchia me, ma la vecchia lei.


Lasciare segni nelle persone.
Questo fa. E, d’altra parte, lo faccio anche io. Siamo simili. Nessuna delle due getta la spugna.


Sapete… forse siamo speciali entrambe. Mi ha insegnato a vedere, vedere per davvero. Mi ha insegnato ad aprire gli occhi e a cercare sfumature migliori.

Se non capisci te lo spiegherò

Incontri e scontri.
Il caso a volte unisce.

Si seguono tracce ovunque esse conducano.
Si sente un qualcosa dentro e ci si fida. E ci si lascia andare.

Condividere emozioni positive e negative.
Tifare per il cento per cento dei risultati.

A volte qualcuno ti dice resisti.
Ma qualcuno se ne sta in silenzio ad aspettare.

Com’è bello stare qui, scostare la tenda e fare entrare un po’ di aria nuova.

Aspetto buone nuove sempre e non mi importa se siano le mie. Le aspetto e basta.

È bello averti incontrato.

Sto qui. Aspetto le tue notizie belle che portino gioia alla mia vita squinternata ma piena da scoppiare.

Magari non lo capisci e allora te lo spiego così … Ti voglio bene.

È primavera

Certe cose non le ho volute. Sono semplicemente capitate.

Ho sempre cercato il modo di rendere le cose più facili, ma, spesso, non spetta me decidere.

E sono tornata ed è primavera e a primavera si sistemano le cose e le case.

Sto provando a riassettare. Piego i vestiti e li ripongo. Quindi… aspetto il mio riconoscimento.

Sì, ormai è primavera. Lascio la porta sempre aperta, tengo da parte qualcosa di buono.

Dicono che la felicità sia nelle proprie mani. Ho mani piccole piccole, prendo fiato e soffio sopra i guai.

Quando nessuno può proteggerti allora inizi a farlo da te. Non voglio accada più nulla di male o di troppo doloroso.

Vado avanti. Ci sono e sono ben presente.

Aspetto. Attendo qualcosa che funzioni.

Vivo e faccio cose perché si rimpiange solo un tentativo non fatto. E io ne ho fatti e ci ho sempre provato.

Leggero

E il cielo è tanto bello oggi.
Oggi sarebbe la giornata giusta per correre a prendere un aereo e guardare giù e vedere da un’altra prospettiva.


Darsi quella possibilità, darsi un sacco di chance.


Mi porto dietro un peso leggero oggi. Mi porto dietro la speranza della me bambina che sgranava gli occhi.


E ora raccolgo.


Rimetto a posto ogni cosa, attacco lo scotch sulla finestra rotta e mi ci riparo dietro.


Ti canterò una canzone, certo, a modo mio e tu riuscirai a sentirla anche da lontano. E riderai di me.


Ormai è primavera. Inizia a fare caldo. Le valigie diventano più leggere. Come me. La me che porta dietro solo la voglia di stare bene e ci crede davvero.


Rimetto la felicità nelle mie mani e il mio animo si placa.


Non volterò le spalle alla mia casa, là ci sono persone capaci di proteggermi.

Fratellini

Sto passando un periodo davvero turbolento. Ho l’anima sconquassata. Ma in ripresa. Perché così deve essere.


Penso spesso al mio papà e alla paura che ho sempre avuto di perderlo. Poi l’ho perso.


Gli dicevo sempre non lasciarmi qui da sola.
Lui mi diceva avrai per sempre tuo fratello. Sarà sempre lì per te.

Ed è vero. Ho lui.


E mi diceva Ale, se hai bisogno chiedi.
Beh, sai papà che c’è… ho chiesto. Ho seguito il consiglio.
Poi ho capito che avevi comunque ragione tu: potrò contare sempre e solo  su di lui.


È bello avere famiglia.
È bello amarsi in modo puro.
Sai papà… hai fatto un ottimo lavoro direi. Ci siamo sempre l’una per l’altra.

Caro il mio papà

Caro il mio papà,
sai che più passa il tempo e più mi manchi?
Ma come è possibile?
Ma la mancanza non doveva attenuarsi col tempo?
Perché mi sento tanto sola ancora senza di te?

Io avrei ancora tanto bisogno di te, sono sincera.
Lo so, in teoria sarei grande da un pezzo ormai.
Ma io mi son sempre sentita piccola tra le tue braccia.
Mi manca il tuo senso di protezione assoluto e mi mancano i nostri scontri che si chiudevano con me che ti saltavo addosso e ti baciavo sulla tua pelle liscia e profumata.

Ti riguardo nelle foto fino a consumarle.

Mi sento sola. Mi sento sperduta. So sempre che cosa fare ma porca miseria… non è che puoi tornare?

Sì, lo so, domanda stupida e infantile.

Ma io ho bisogno di te. Ho bisogno che quella mano dentro smetta di fare male. Ho bisogno di rivedere i tuoi occhi e sentire la tua voce e sentire le tue parole e quel Si sistema tutto.

Io avevo ancora bisogno di te e tanto. Ho bisogno di te ancora.

Ci vuole poco

Eppur son piena di difetti.
E quando te lo dicono anche in famiglia… allora è proprio vero.

Caotica, disordinata, impulsiva… tanti davvero, alcuni da fare ammattire persino chi amo.

Ma sono educata. Sempre stata.
Su questo proprio non mi si può attaccare.
Lo son sempre, con tutti.
La mamma mi ha sempre detto di esserlo e di pensare che tutti poi tornano a casa dalle proprie persone. Se qualcuno trattasse male uno di noi?
Vero. Guai. Lì potrei diventare davvero Hulk.

Quindi sì.
Sorrido, saluto. Uso il condizionale. Ringrazio.

L’ho imparato a tavola. Se vuoi qualcosa la chiedi con rispetto.
Mi passeresti l’acqua? Sì, eccola. Passami l’acqua. Mmm, no. Non capisco.
Quindi sì. Amo le persone che sono educate con me. Perché io lo sono sempre.

Non lo sei? Va bene. Passo oltre ma anche oltre di te. La classifica è mia, ne ho libero arbitrio.

Educati dentro la mia vita. Cafoni fuori. Lo devo a me e a chi mi ha messa al mondo pensando che questa fosse una caratteristica essenziale.

Perché ci vuole davvero tanto poco.

Buon compleanno

È tutto il giorno che pensavo a qualche cosa di bello da scriverti.
E non volevo dire banalità.
E sta quasi passando la giornata.
So che è un giorno triste. Io ho imparato a festeggiarlo. E oggi ho brindato per lui, per il tuo di papà.
Ti considero la mia famiglia. So che ci sei, a due passi da me. Quindi anche lui, insieme alla tua mamma, era famiglia per me.
Perché si capita in una famiglia piuttosto che in un’altra. E noi ci siamo scelti. E abbiamo deciso di esserci e di restare.
Ci si sente sperduti. Soli. E ci si arrabatta alla bell’ e meglio.
Si cerca di mettere insieme i passi pur sapendo che il nostro Lui ha perduto cose di noi. E sembra quasi una mancanza di rispetto da parte nostra l’andare avanti.
Sono qui e lo sai. Asciugherò ogni tua lacrima, riderò con te e festeggerò le tue vittorie.
Auguri di cuore.

Tempo sprecato

E mi viene da pensare… ma quanti giorni ho sprecato? E glielo dico.

Guarda Ale, conoscendoti, magari qualcuno lo hai anche sprecato ma con gli altri sei andata sicuramente a pari. Anzi… anche di più. Quindi tranquilla. C’è sempre tempo per ricominciare.

Mah…. dice?

Sì, sì.

Tempo, tempo. Eppure a me sembra che non basti mai. Eppure ho sempre fretta.

A volte ascolta il silenzio. Dice così.

Ascolta il silenzio ma in silenzio. Parli sempre, allo sfinimento come se tutti dovessero sempre sapere tutto. E non è che devi per forza tirare fuori ogni parola o dire sempre ciò che provi. Le cose, a volte, vanno da sé.

Ecco. Ora mi dia il tempo di riflettere.

Bic nera

Prendevo il sedere della mia Bic nera e riavvolgevo il nastro che, a furia di andare indietro, si incasinava più di me. Alla fine ascoltavo sempre le solite cassette. Fino a danneggiarne il nastro che, poi, nello stereo saltava e mi faceva perdere pezzi delle mie canzoni del cuore.

E ascoltavo musica sotto al banco quando c’erano le prime cuffie sobrie. Mi infilavo il filo nella manica e stavo col braccio appoggiata al mio orecchio e da lì ascoltavo tutto quello che volevo.

Ma non era una novità o una gran furbata: lo facevamo tutti. E tutti venivamo scoperti e ripresi.

Ma portarsi la musica ovunque era una libertà enorme. Da privilegiati. Più della radio arancione che accompagnava le mattine della mia nonna con la sua radio soap opera sul canale rai in am.

Al meglio

Ecco. Il punto più alto è quello.
Dove la natura si diverte e si prende gioco di te.
Il punto dove le persone piano piano si mettono dalla tua parte e fanno il tifo.

E le vedo. E addolciscono il mio sguardo e prendono una posizione. E la posizione pende dalla mia parte perché mi conoscono bene.
Nessun compromesso.
Si va avanti preservando la propria serenità. Fin dove viene concesso.

Per te ci sono io.


Lo vedi il riparo sicuro.
E c’è sempre qualcuno intorno a guarire le tue ferite. E ti ricuce con i punti più piccoli possibili per non lasciare traccia.

Mi lascio ispirare da entusiasmo e ottimismo.

Un messaggio che arriva da lontano Ma mi spieghi come fai Ale?

Non lo so.

Ho solamente voglia di vivere e di farlo al meglio.

Nmosd

A volte è solo un po’ più difficile tornare.

A volte, poi, quando sono qui mi sento a casa, seduta a tavola con le persone che sono famiglia.

E allora stasera mi siedo a capo tavola. E inizio a parlare.

Sono stata curata per anni per SM.

Ecco. Ora la sigla cambia un po’: nmosd.

Non di molto. Cambia di poco. Ma quelle tre lettere sono solo parte di una famiglia rara. Speciale forse, come lo era la nostra. Strani. Quasi tutti strani e pieni di problemi. Ma alla tavola caspita… Ma quanto eravamo belli?

Allora rivedo il nonno che, unico sulla sedia in cima, voleva sedersi lui.

Eh no, non mi farò rubare la scena.

Posso per una volta avere la mia torta con scritto per primo il mio nome?

Sono rara e ho una malattia rara. La Sm era troppo inflazionata ultimamente.

E quindi ecco….

Sapete, ho fatto l’esame famoso. Due volte per sicurezza. Sono negativa, cari miei.

Festeggiamo?

Sempre.

Eppure ecco… Qualcuno d’altro vuole davvero rubarmi la scena.

Si può avere quella malattia pur essendo negativi all’esame. È raro. Ma gli studi lo confermano.

Quindi ecco, famiglia mia. Posso ora dirvi che sono una bestia rara. Avevate qualche dubbio? Rara, come ognuno di voi qui seduto. Strana. Come voi tutti. Speciale come mi avete sempre fatta sentire.

E ora? Ho diritto ad avere il mio nome scritto per primo sulla torta? Perché io, nonno, mica ho mai capito perché dovevo venire per seconda… Di solito i nipotini non vengono messi sopra a tutto?

Io festeggio. Per chi di voi si vuole unire ecco, ci aspetterà una festa meravigliosa.

https://aism.it/nmosd-spettro-disordini-neuromielite-ottica-aspetti-clinici-criteri-diagnostici

Auguri

Oggi è il mio onomastico.


La cosa bella era da piccoli quando lo festeggiavo insieme al mio nonno. E alla festa del papà. La torta era sempre Auguri Pino e Alessandra.
Io chiedevo… ma perché non metti mai prima il mio nome?
Perché la mia festa viene prima della tua, Alessandra.
Bene.


Poi, mancando il nonno, festeggiavamo solo io e il mio papà.
E oggi festeggio io. E ancora.
Perché?
Non lo so.

Ma le feste le voglio mantenere sacre. Il succo non è il regalino. Il succo è che più passano gli anni più la vita ti ruba qualcosa. Di vitale anche..Per questo mantengo qualsiasi tipo di festa. Perché io voglio festeggiare e cercare di essere spensierata come allora.


Non conosco molti modi ma brindare per qualcuno, anche se non c’è più, è qualcosa che tiene saldi i miei piedi alle mie radici.
Perché ogni giorno mi alzo e potrei avere miliardi di motivi per non essere felice. Ma io voglio esserlo. Ci provo. E c’è sempre almeno un motivo per poter gioire. E lo trovo sempre anche se a volte sembra voler nascondersi chissà dove.


L’essere così piena di gioia è stato un lavoro e poi è diventato cosa normale per me. Vedere prima di tutto le cose positive mi aiuta, ogni giorno. E lo so che la vita non è perfetta, so benissimo quanto possa essere anche essere infame e ingiusta. Ma io son qui. Ci sono. E se festeggio e provo a essere felice non mi fa dimenticare i problemi, tanto quelli restano comunque seduti accanto a me.

Auguri a me.

Auguri a te, nonno.

Auguri al mio papà.

Ai nostri papà

E lo so, siamo rimasti senza i nostri papà.
Siamo rimasti come senza il giubbotto in inverno.
Siamo rimasti così, soli.
Ma io ho te, tu hai me.
Prima ti ho lasciato piangere io.
Poi ho pianto io su di te.
E tu eri lì, sei corso subito, mi hai tenuto la mano.
E oggi ce la teniamo ancora.
E li festeggiamo ugualmente, insieme a un onomastico.
Eh sì, le persone se ne vanno o muoiono o si perdono.
Tu mi terrai sempre per mano.
E sei la mia famiglia.
Auguri a quei due uomini che ci hanno resi anime speciali.

Dentro al mio cappuccio

E lo so che si può sempre decidere di essere qualcosa di meglio.
Meglio rispetto al passato.


Perché so che mai ti vorrò ferire per nulla al mondo.
Sì, sì, questo lo so.
E so che mai male mi farai.
Lo sento.
E se anche dovesse essere non sarà di certo intenzionale.


Sentirsi a proprio agio, essere sicuri che la propria pelle non sia sbagliata. Sentirsi come se si fosse sempre nel posto giusto.


E sei stato pronto ad accogliermi.
Io anche.
Ed è bello averti in mezzo alla mia vita.
È bello sentirsi nel posto sicuro.
È bello sentirsi accuditi in modo dolce.
È bello ridere di me e di te.


E allora mi metto la giacca ed esco fuori.
Piove.
E allora mi metto all’interno del mio cappuccio e mi sento protetta.

Sei speci-Ale

Il mio papà mi ha sempre ripetuto che fossi speciale.
Certo, un pochetto era di parte.


Quindi vado al controllo, con la lista di tutto quello che avevo da dire, e infine esco ancora più babbea di quando sono entrata.
Ho questo, questo, questo e quello.
Esiti neuromielite negativi.
Eppure…


Son così speciale da avere una malattia speciale.
Dal momento che la malattia mi prende principalmente gli occhi, potrei avere una forma di sclerosi che ancora non è stata individuata bene. Ma che esiste perché ci sono altri casi al mondo. E non è neuromielite.

Ed io pensavo avrei dovuto esserne felice. Ma qui ancora non abbiamo un nome preciso. Eppure abbiamo altri casi al mondo.
Che felicità essere così speciale.
Forse allora non era così tanto di parte il mio papà.
Ma qui abbiamo , perché si parla sempre al plurale, altre indagini da fare. E io , che son così speciale, inizio a non poterne più.

Solo cose belle

Manca poco, pochissimo e arriva.
Un gran lavoro dietro le quinte.
Pazienza e crederci sempre.


E poi gli chiedo Lo leggeresti? Mi faresti la prefazione?


Arriva tutto, i pezzi si compongono e vanno tutti al loro posto.
Sono fiera e soddisfatta.
Sono orgogliosa di tutto ciò che c’è dentro. Tutto, proprio tutto.


Ho messo assieme pezzi di me.
E della mia vita.
E lui ne fa parte e io ne sono felice.


È un libro speciale. Ha dentro qualcosa che dona un significato.


Grazie. A chi ha voluto esserci. A chi mi ha donato il suo tempo e le sue parole. E le sue foto.
Grazie a chi aggiunge meraviglia e bellezza alla mia vita.
Perché sì, a volte si è sul punto di credere che non ci saranno più cose belle. Ma io sono stata fortunata. La mia vita mi stupisce sempre.

Gioia di ridere

Si va bene.
Puoi anche avere un bel lavoro , un bell’abito e la più costosa tra le macchine… ma dentro? Quanto ci lavori al tuo interno?

Si va bene.
Puoi avere la più bella delle famiglie, i bambini migliori, l’apparenza perfetta… ma dentro?
Quanto hai capito che anche gli altri sono figli di qualcuno?

E poi arriva chi ha lavorato davvero nella sua parte più delicata. Ha speso dolori e ha ricominciato a vivere. E si avvicina a te. Ha sentito la tua parte più bella. E tu la sua.
E ti fermi per restare stavolta.
Niente drammi. Niente menzogne. Solo gioia di ridere. E fare cose in modo spensierato senza per forza voler appesantire la vita.

Vinse

Quello che non ho trovato accese, all’improvviso, la mia immaginazione.


Eppure un posto dove stare lo aveva già.


Il tempo suddiviso, poco era lo scarto.


Non ho pianto. Ma ho fatto passeggiate lunghissime sulle mie gambe.

Un cartello colorato indicava la strada, quella giusta da seguire.
Vai, dove potrai vivere la tua vita.
Vai senza girarti più.

Stavolta

E mi fermo per farmi un regalo.


La forza che ho speso mi si rivolta contro per chiedere il conto. E per saldarlo.


Sì, mi fermo.


Mi fermo perché, per caso, ho trovato un regalo. Qualcuno lo ha lasciato con la carta più bella e chiuso con cura e con mille adesivi.
Me lo sono preso. L’ho aperto con la solita foga di sempre.


Il mio regalo. Il regalo più bello.


La dolcezza che ho trovato è davvero cosa nuova per me.
L’ho preso con cura e lo voglio tenere al riparo.


Io sono sempre la stessa. Un po’ hanno voluto farmi credere di non esser abbastanza. A volte addirittura mi han detto che ero troppo. Alla fine poco o tanto c’è sempre qualcuno pronto a dirti che non vai bene. Ma è qualcuno solamente.


E la dolcezza che ho la metto ancora, in ogni cosa e in ogni pensiero. E sì, sono una cosa bella. E tale voglio essere e rimanere.


Anche quando pago il conto ed è salato, ci sorrido ancora.
Andrà bene, andrà bene anche stavolta.
Andrà bene stavolta. Andrà sempre e comunque bene.

Ecco

Ecco, eccomi.

Lo so, non scrivo da un po’ ma sto finendo di scrivere il libro nuovo e mi sta portando via un po’ di tempo.

Sto cercando di fare una cosa bella, più bella di sempre.

E devo dire che ne sono fiera.

Ma vi leggo, a giorni alterni, per restare sempre aggiornata!

E poi ho l’altro progetto parallelo su Instagram che mi piace molto.

Ma voi siete quelli che mi siete stati accanto sempre in tutti questi anni e mica scappo così!

E appena il nuovo nato sarà pronto del tutto, tornerò qui più spesso!

E c’è da dire anche che la salute non proprio al top in questo periodo mi sta rallentando tutto… Eh ma confido nella mia ripresa immediata.

Quindi io comunque vi seguo.

E so anche già il finale di Olena, per la cronaca.

Noi due

E mi piace infastidirlo e fargli i dispetti come quando eravamo piccoli.


Lui ha sempre sopportato perché ero la più piccola.
Non poteva tanto reagire e allora io continuavo.
Allo sfinimento.


Ma la mia mamma sapeva bene chi incominciava sempre… e infatti le prendevo sempre io.
E cercavo di scappare in modo goffo quando capivo che la situazione stava per degenerare.


E ancora adesso lo faccio. E lui fa sempre finta di non sopportarmi più.
Perché non si cambiano certe cose. Perché l’intimità che si stabilisce la si porta avanti sempre. E no, non cambia.

Tenere tutto

E ci son cose che fanno male.


Persone che fanno male.


Fatti che nella vita ti schiacciano come fossi un materasso con le molle.


Ci sono situazioni che fanno virare la manovra in modo ardito. Magari ti lasciano così, inerme e impassibile.


Poi c’è il modo nel quale si fa la manovra. Si può tentare di fare sì che quel passaggio sia più dolce e meno doloroso.


C’è il modo di prendere le cose che può essere fatale. O ti può regalare tutta una vita intera e nuova.


Approcciarsi e avvicinarsi.


Si possono raccogliere tutte le tessere cadute e rimetterle insieme alla bell’e meglio. Oppure eliminarne qualcuna ma mettendo fili invisibili che tengano tutto insieme ugualmente.

Anche senza colori

Nessun compromesso.
Tutta la mia vita è stata così, sono io ad essere così, c’è scritto questo nel mio DNA.
Non cambio. Non posso. Sarebbe come desiderare di avere i capelli neri oppure ricci. Ma non è scritto questo, là dentro. C’è scritto capelli lisci, castano chiaro.


E c’è scritto bianco o nero. Forse proprio per questo i miei occhi hanno iniziato a vedere così. Forse non è la malattia, forse è proprio quella targa dentro di me.


Riconosco le anime piene di luce. Le anime buone le sento a pelle, non lo so il perché ma è sempre stato così. O forse vedo solo la parte bella delle persone. o, forse, è quella che riesco a tirare fuori io quando mi avvicino agli altri. E c’è qualcuno che riesce anche a tirare fuori la parte migliore di me oltre che a tirare fuori il bello da sé.
Questo mi conforta.


Mi hanno insegnato a guardare tutte le persone e a non escludere nessuno a parte quelle poco educate, poco gentili e poco delicate. Sì, quelle le elimino.
Mi piace chi tratta gli altri in modo gentile e che considera nello stesso modo tutti. E poi sceglie da sé, col proprio pensiero.
Questo mi fa sentire libera di poter scegliere con chi stare, senza paletti e senza imposizioni. Sto con chi mi fa stare bene e mi fa entrare nel suo mondo. E ho creato il mio personale e chi vi entra ci starà bene.


La luce fa sempre ombre. E guardo la mia per terra sotto a un lampione. Non mi interessa più chi si è messo in posizione di copertura, chi ha oscurato pezzi del mio corpo là a terra.


E posso ancora permettermi fallimenti perché mi sento forte e coraggiosa. E sì, mi sento gentile e mi sento educata. E nemmeno le altre ombre mi potranno far sentire diversa. Anche senza un braccio. Anche senza colori.

Va tutto bene

Come la rivedi con gli occhi di oggi?


Simpatica e buffa come allora.
Con la smorfia sulle labbra quando qualcosa non andava.
Con la stessa serenità.
Perché sì, quella piccola Ape di allora è serena anche oggi.


È nata così. E, come allora, senza nessun miracolo nelle tasche. Il miracolo non esiste se non posto nella sua forza interiore, cercata e bramata, trovata un po’ per caso ma acciuffata e messa in custodia.


Non è stato nulla facile. Ma le risate aiutano come l’aria sotto l’acqua quando l’onda la porta giù con sé. Ma odia ancora nuotare, sì, come allora quando la mamma la portava in piscina a imparare a stare a galla. Il broncio, il nascondiglio segreto dove infilare i costumi e la cuffia, la voglia di scappare al primo respiro di cloro.
E poi tornare nella stessa piscina ma per vedere un film e fare una cena e le è equivalso a una sorta di riscatto.


Come la fai sentire la piccola? Un po’ speciale.

E oggi che cosa vorrebbe? Nulla di più, va tutto bene veramente.

E poi

E poi capita di incontrare uno uguale.

Lo riconosci subito.

Due parole e una certezza: avrà dietro qualcosa.

Mi chiede… Hai una Tachipirina o un Brufen?

Certo. Ho anche Oki , Moment… Che cosa ti senti?

Uno dei nostri dolori alla testa…

Allora una Tachi 500 sarà perfetta.

Senti… È da settembre che mi fanno male le gambe.

Tutto normale, stai tranquilla. Fa parte del pacchetto.

Perfetto.

Ma oggi forse riesco a chiamare la neurologa.

Io ho il controllo domani.

Sai… Ti trovo bene rispetto l’ultima volta.

Eh. Anche io.

Sono contento che ho qualcuno accanto pieno di farmaci… Li ho scordati a casa.

Sto in zona, per qualsiasi cosa.

Odio le zip

Odio le zip da quando ero piccola. Ho sempre chiesto giubbotti coi bottoni. Ma i giacconi hanno quasi sempre la zip.
Le ho sempre spaccate tutte. Le spacco ancora.

Solo io? Solo a me accade?
Perché non si spiega.
Prima le odiavo perché quando la mia mamma mi  tirava su la lampo mi lasciava sempre dentro un pezzo di gozzo.
Ora o mi ritrovo i cursori tra le mani o mi ritrovo con le due rotaie aperte sul davanti.

Il giaccone blu è messo da parte causa zip e tasche bucate. E ha qualche mese di vita nonostante sia uscito da una gran costosa fabbrica di piumini.
Quello nero idem.
Zip e tasca rotta. Un anno di vita. Marca diversa ma costosa nello stesso modo.
Oggi tiro fuori il piumino nuovo, marca famosa, prezzo ancora più famoso. Rimango col primo cursore in mano. Per metterlo devo  usarlo a mo’ di felpa. E poi sapete? Ho sempre paura di rimanere inghiottita dentro tra le piume e di morire soffocata.

Odio le zip, forse ci vorrà un libretto di istruzioni per usarle.

Vecchia sdentata

Perché domani voglio la mia calza piena di cioccolatini e con dentro la letterina.
Perché la Befana è la mia festa preferita.
Perché era la festa più bella con la lettera più bella.
Perché la mia mamma mi lasciava la calza sul tavolo marrone piena dei miei cioccolatini preferiti e di caramelle Rossana.
Perché vicino alla calza c’era sempre il regalino.
Perché ho sempre amato la vecchiaccia sdentata piuttosto che il pacioccone vestito di rosso.
Perché aveva le scarpe rotte e la scopa di saggina, la stessa che usava la mia nonna sui nostri sederi quando ci picchiavamo o combinavamo qualcosa.

Domani voglio la mia calza. Perché a me piace e la apprezzo.
E perché amo ancora i cioccolatini e le Rossana incartate di rosso che quando le apri fanno rumore.

E perché poi ci ho sempre guadagnato le calze più belle.

E sapete… a me le vecchie sdentate  piacciono e mi fanno sorridere più dei bonaccioni e paciocconi. Perché sarò anche strana, ma la apprezzo ancora anche alla mia età.

Ok, la foto non c’entra nulla ma ieri 1 a 0….

Ehilà

Ehilà.
Sono undici mesi che sto senza te.
Sai, vivo.
Cerco di essere la donna felice che hai conosciuto tu. Ma sai, non sempre è possibile. È quasi come aver perso un arto, manca sempre qualcosa.
Una sensazione dolce mi arriva quando sono a tavola e bevo il primo bicchiere per te. Mi porto dentro la tua felicità al desco, apprezzando la buona cucina e il buon bere. Come quando venivo a pranzo e stappavi la bottiglia.
Siamo stati bene insieme. Mai nessun tipo di amore può essere paragonabile. Persino quando ti imbatti nell’uomo della tua vita con gli occhi belli e che cerca di renderti felice. Nulla può essere paragonabile alla sensazione di quell’amore profondo e incondizionato. Nulla può fare stare sereni come stare con le persone che darebbero tutto per te e che ti fanno sentire protetta e amata in qualsiasi tipo di situazione ci si trovi. Sì, perché quell’amore non ti fa porre domande e non lo metteresti in dubbio mai.

Il tuo amore,  papà,  è stata una fortuna. Sono ciò che sono anche per quello.

E lo so quanto fossi fiero anche nelle mie azioni più infantili. So di averti reso orgoglioso. So quanto mi apprezzassi. So quanto sapessi di aver contribuito a rendermi onesta e libera e semplice nel pensiero. Libera, sì. E indipendente.
Sai, al solo pensiero di poterti un giorno perdere stavo male e rimandavo indietro quelle idee. Mica credevo fosse davvero possibile. E poi è successo quel che è successo e lo abbiamo affrontato, anche perché alternative non c’erano.
E sai, sono stata brava. Ho cercato di essere forte per me e non solo.

Il Natale non è stato un vero Natale. Tu sembravi un bimbo gioioso in quel giorno dove ci avevi tutti accanto. Non è stata la stessa cosa ma siamo rimasti uniti ed è stato dolce.

Sai, ho sempre bisogno di sentire qualcosa di bello dentro. E lo è stato. Perché era giusto così. Stare insieme, stare vicini anche con una lacrima rubata oppure creando un tipo di Natale diverso.

Papà, se mi guardi di nascosto non far caso alle mie pazzie. Son sempre la stessa. E ti sento dentro e ne vado fiera.

Ci sono sempre

Ale sta rinascendo, diventando un centro importante per sé.

Ha dato vita a progetti che la rendono fiera e avrebbero reso fiero anche quell’uomo così importante.

È tornata ad aprirsi e a trovare un contatto col mondo esterno.

Pensa sempre a qualcosa di nuovo da creare che sia importante per sé e per chi l’ha amata tanto.

Ha un contatto privilegiato con gli altri perché li sente e anche bene.
Ha sentito molto anche in passato per poi prendere tutto e disfarsene, rottamarlo e metterlo nei dolori rimasti impressi come cicatrici.

Sì, ha cicatrici visibili. Alcune no. Alcune si sono assorbite in quanto esperienze risultate fine a sé stesse e inutili. Non tutti le hanno voluto bene come dicevano ma le persone più importanti sì, eccome.

A volte anche rendersi conto di ciò che è nullo può essere bello. Liberarsi di zavorre pesanti che non hanno fatto bene…. è bello e liberatorio come camminare sotto la pioggia.

Non le interessa più rimanere nei ricordi di altri. Le interessano i suoi e ciò che fa è perché lo sente, nel bene e nel male. Anche quando urla. O piange. O ride. O litiga. Tutto ciò che ha fatto è quello che realmente sentiva quindi i giudizi li rimanda al mittente.

E sarà un anno bello, deve essere così per forza.

Non lo sa dove si trovi o come ci sia arrivata: non è importante. Nemmeno sapere dove questo posto sia.

Quali sono le ultime notizie?

Ale vuole stare bene e continuare a farsi compagnia.

E stare qui con voi. Perché no, non scappa e ci mette sempre tutto, persino la faccia. No. Non scappa mai. E no, non si eclissa. Resta.

E ci sono sempre.

Casa

Il Natale si faceva da noi coi nonni.
La mia mamma cucinava dal mattino presto tutte le sue eccellenze.
Faceva tutto lei mentre noi giocavamo e ribaltavamo tutto quello che aveva sistemato con cura.


Ecco, ci faceva apparecchiare.
Ci mollava la tovaglia in mano e dovevamo sistemare la tavola in sala. Facevamo un sacco di giri con una forchetta o un bicchiere perché di voglia proprio non eravamo dotati.
All’ultimo minuto urlava che andava a lavarsi e di controllare il ragù mentre era in doccia.
Sì, sì, come no.
Usciva grondante d’acqua perché sentiva odore di bruciato.
L’ho girato un secondo fa. Questa era la nostra frase prediletta.
Era sempre indaffarata mentre ci urlava dietro di tutto o ci doveva separare in qualche litigio.


Ci sentivano fin al piano terra sempre. Si urlava tutti in quella casa di via Schiaparelli. D’altra parte dovevamo sentirci da una stanza all’altra e superare il rumore dei treni di fronte.


I nonni arrivavano in 112. La nonna veniva lasciata davanti al portone e il nonno andava a parcheggiare e sempre lontano anche quando c’era posto vicino.
Mai capito il perché.
Mi sembra ancora di sentire l’odore dei nonni che sapeva di buono. E l’odore dell’arrosto e delle patate nel suo sugo.


Era un caos. Pezzi di carta ovunque, nastri, scatole e giochi dappertutto.
E la mamma urlava. Il papà rideva
e noi ci picchiavamo per gioco e poi per davvero.
Era casa. La nostra casa. Era il nostro caos. E darei di tutto per riviverlo un po’.

Buon Nat-Ale

A me.
Alle persone che amo.
Alle persone che ho amato.
A quelli che ho perduto.
A chi mi ama.
A chi mi vuole un bene dell’anima.
A quella famiglia che stava in una tavola gomito a gomito innervosendosi pure per il poco spazio ma rallegrandosi per il tanto cibo.
A chi mi ha cresciuta.
Alle persone speciali che ho incontrato.
A quelli che sono rimasti.
A quelli appena entrati che mi fanno sorridere il cuore.
Alle persone che mi sono state accanto in ogni angolo buio della mia vita e in ogni posto pieno di luce e felicità.
A chi mi ha scritto e voluto conoscere.
Per tutti quelli che si sono fermati, soffermati e deciso di stare accanto a me.
A chi mi ha permesso di regalare la mia parte più bella.
A chi mi ha regalato rabbia, rancore e odio e si è fatto odiare.
A chi mi ha fatto del male apposta.
Alle persone che mi hanno fatto capire che potevo essere meglio di ciò che ero.
A chi è ritornato nella mia vita per restarci.

A chi mi ha curata da anonima ma come fossi qualcuno di famiglia.

A chi mi ha salvato la vita.

A tutti quelli della mia famiglia per avermi regalato momenti di pura felicità. E sapete… Ne è valsa la pena anche se oggi sono qui a piangere per voi.

Al mio papà. Un uomo meraviglioso che mi ha resa bellissima e piena di amore, quello che riesco a regalare ogni giorno.

A tutti voi che mi avete donato le parole più belle, pezzi della vostra vita e affetto.

Buon Natale.

Caro Babbo Natale

Caro Babbo Natale,
quest’anno, se Dio vuole, sta per concludersi.

Ho perso tanto, troppo.
Portami tanti regali, sono stata buona più che ho potuto.
Non sempre ma spesso.

Ho sofferto tanto, fammi trovare tanti regali grandi sotto al mio albero che, anche quest’anno, ho fatto con cura e con le luci più belle.

Se il dolore si potesse spiegare era nel pacco più grande lo scorso anno.

Portami qualcosa di bello e che mi faccia ridere spensierata.
Portami gioia e amore, ciò che ho perso quel giorno di quasi undici mesi fa all’ora di pranzo.
Mentre i più mangiavano io ero in una stanza a piangere disperata pensando che non potesse essere vero.

Basta regalarmi forza ogni anno. Non ne posso più. Portami qualcosa di nuovo e di bello, da scartare e da mettere nelle mie tasche.

Ti lascio la porta aperta: pensaci tu, come quando eravamo piccoli e non riuscivamo a dormire per l’eccitazione della mattina dopo.

Sei strana

Ogni giorno i soliti riti.
Due caffè a casa e uno fuori.
Oggi ocio al basel.
Ogni giorno inciampo ugualmente nel gradino del bar.
Ecco… Anca incoeu mi dice il barista.

Certo che sei strana forte Ale.
Lo so.
Parlo in modo strano, cammino in modo strano, mi piacciono le persone strane.

Attiro persone assurde che mi guardano basite.

I bambini devono captare la mia stranezza perché mi sorridono sempre. Rispondo con una linguaccia perché mi piace la loro faccia che da un sorriso aperto passa allo spalancare gli occhi in modo incredulo.

Corro per non inciampare. Corro perché credo sempre di avere fretta. Ce l’ho dentro la fretta di mio.

Sì, sono strana.
Un bambino mi parla da adulto.
Mi mostra foto della sua collezione di penne.
Parla come un filosofo e mi dice ora ti mostro queste che sono il mio orgoglio. È serio. A me fa ridere da impazzire.
Non ridere di me.
No. Rido per la tua tenerezza.

Sei strana tu.
Ah sì, sai che novità.

Troverò

Tempo da neve.
Profumo di pollo arrosto dalla rosticceria.
Lo sento anche se sono raffreddata.
Mi ricorda le nostre domeniche insieme, in sala sul tavolo rotondo.

Le mie gambe fanno male, vado al rallentatore. Esco prima del solito ma arriverò in ritardo, già lo so.

Vorrei tanto stare bene.
Stare bene in toto, svegliarmi e dire  Wow Ale! Che giornata meravigliosa.

Succederà, non lo so quando ma prima o poi dovrà succedere.

Vorrei stare un po’ a casa, a riposo, ma non posso. Ma forse lavorare fa bene a non pensare.

Mi guardano appena mi alzo Che hai Ale?
Sembro ubriaca, sbando.
Almeno lo fossi, ubriaca con qualcosa di tanto buono e frizzantino e freddo al punto giusto.

Inizio la giornata nel migliore dei modi, caffè e saccottino.
La barista mi guarda allibita… che c’è oggi Ale?
Sono solo tanto stanca.
Non parli nemmeno oggi…
Tengo le energie rimanenti. Che poi… ne sono rimaste?
Per forza, le cerco nelle tasche, frugo e qualcosa troverò.

Spacco tutto

Eppure mi sveglio e mi dico, sarà passato.
No.

Il dolore è sempre lancinante.
Le mie gambe gridano vendetta.
Faccio di tutto per camminare in modo normale.
Nemmeno oggi è passato.
Domani gli esiti mi diranno che cosa ho dentro, magari di nuovo.


Quest’anno detestabile avrà pure una fine…


E quest’anno voglio andare via e prendere e lanciare di tutto giù dalla stanza… va bene, non si fa. Ma invece si fa e lo farò. Che poi… lanciare qualcosa è così bello o spaccare…


Come la mia bisnonna… aveva quel fare argentino che prendeva e spaccava. E anche la mia nonna. Quando era arrabbiata prendeva un piatto e lo scagliava a terra. Ce l’ho nel DNA.
E spaccherò di tutto e sarà bello rimettersi in pista finalmente.


Ora capisco quelli che lanciano lavatrici o cose simili giù dal balcone: una liberazione.
Se mi sentisse o vedesse il mio nonno chissà quanti insulti…

Ma qui ci sono io e son rimasta io qui…
Quindi nonno, spaccherò tutto.

Non mollo nulla

Uno dei primi coccoloni che feci prendere alla mia mamma fu quando a sei anni entrai, per gioco, dentro una vetrata con tutto il corpo. Mi diedero 32 punti solo al polso. Sul resto del corpo persi il conto. So che cercavo di nascondere l’altro braccio per non farmi aggiungere altro filo. Non riuscì la mia impresa: mi beccarono. Ma tante ferite riuscii a tenerle segrete. Avevo paura perché avevo visto la siringa enorme e, all’inizio, credevo fosse per l’altra bambina accanto a me che sembrava più morta che viva.
Invece era proprio per me. Avevo addosso una quantità industriale di dottori e infermieri ma io pensavo alla mia mamma fuori e a mio fratello a casa in lacrime.

Oggi vengo qui a prendere i miei farmaci: il pronto soccorso nuovo è stata allargato e si trova alle spalle del vecchio.

Che caso, mi dico.

Tornare nello stesso luogo e ricordare quel momento lontano di cui porto ancora cicatrici e una piccola forma di disabilità motoria. Che nascondo molto bene. Come tutto il resto. Come oggi. Come il sembrare normali anche quando i dolori alle gambe iniziano a essere davvero infestanti più dell’edera.

Ma quando ho qualcosa ho imparato a fare così: nascondo. E lo faccio bene.

Torno a casa tenendo i miei novemila e più euro di farmaci attaccati al mio corpo… se mi derubano devono prima rubare me. Non mollo nulla.