Senso di orientamento

Non occorre essere amici intimi per stare bene. Si può essere amici per un tempo brevissimo e passare momenti che vorresti non finissero mai. Eppure durano poco come fossero rapidi passaggi. Vivere momenti belli che non dimenticherai e ricorderai con piacere. Anche se, sai già, non rivedrai le stesse persone in un tempo breve. E comunque non si attiveranno le stesse dinamiche che si sono venute a creare. È bello vedere le persone sorridere. Momenti nei quali individui il tuo posto, un posto nel quale sei spensierato. Un posto dove vuoi entrare rapidamente poiché avverti quanto fuori possa essere pericoloso. Orientarsi affidandosi al proprio sesto senso: è un’abilità indispensabile.

Maschio

Ho sempre avuto amici maschi nella mia vita. Sempre più maschi che femmine. All’asilo il mio amichetto si chiamava Guido. Alle elementari era Simone. Cinque anni sempre insieme. Facevamo danni incredibili. Un giorno incollammo tutte le scarpe da ginnastica dei nostri compagni. Tutte, tranne le nostre, infatti ci scoprirono subito. Le nostre mamme si chiamarono per decidere come punirci e come ripagare il danno. Fumammo la prima sigaretta. Lui mi disse che dovevamo farlo perché suo zio lo faceva ed era un figo. Prendemmo le Marlboro rosse dello zio e andammo in terrazza. La sua nonna ci scoprì e ci riempì, letteralmente, di botte. Le presi prima dalla sua nonna, poi dalla sua mamma e poi dalla mia. Fu una giornata faticosa. Il suo cane si mise in mezzo a difenderci e le prese anche lui, ops, lei, era una lei, Lilli. Litigavamo spesso. Ci prendevamo a pugni e calci e, un giorno, lo buttai contro un banco e lo presi per la tasca della camicia, strappandogliela. Ormai le nostre mamme avevano un conto aperto a vicenda. Lui mi tolse gli occhiali e me li schiacciò sotto al piede. Ma ci cercavamo di continuo. Al liceo si chiamava Riccardo. Compagni di banco. Amici da subito. Lui mi faceva le tavole di disegno tecnico e io gli correggevo i temi: faceva un sacco di errori di grammatica e non azzeccava una doppia nemmeno a pagarlo. Gli passavo le versioni e gli suggerivo sempre tutto. E lui continuava a farmi le tavole: non capivo nulla di disegno. Andavamo in giro in motorino, in due e di nascosto dai miei. Andavamo per locali e mi portava a scegliere fiori per la sua fidanzata di turno. Una volta mi costrinse a portare un regalo a una di queste donzelle; mentre andavamo a tutta velocità, mi fece sbattere il ginocchio contro un furgoncino. Lo ricordo ridere mentre io, dietro, sbraitavo e lo maledivo. Ora si chiama Robi. Non è un maschio ma, bensì, una graziosa fanciulla con gli occhi blu. Pensa da maschio, però. Un po’ come me. E non ci picchiamo e non litighiamo e non abbiamo mai litigato, nemmeno per un maschio.

Il maschio c’è… Ma non si vede.

Dani

Nei primi anni di liceo avevo conosciuto a scuola, per caso sulle scale, un ragazzo più grande di qualche anno. Un sorriso. Voglia di conoscersi. In pochissimo tempo diventammo molto uniti e grandi amici. Stavamo sempre insieme, a scuola o in giro, al parco, di pomeriggio e di sera, sempre. Non lo so nemmeno come successe, in un lampo, diventammo una cosa sola. Eravamo amici, solo questo. Era stato male, si era ammalato, un’infezione al rivestimento del cuore. Una cosa seria. Aveva fatto non so quanto cortisone, era diventato gigante, era stato operato. Andò tutto bene, ritornò a scuola. Ogni mese lo accompagnavo in ospedale a fare delle flebo. Passavamo mattinate intere in ospedale… anziché a scuola. Stavamo vicini, parlavamo un sacco e gli leggevo di tutto. Gli tenevo la mano. Eravamo sempre insieme, gli amici e i professori credevano chissà che cosa ci fosse tra noi. Anche le nostre famiglie. Noi stavamo semplicemente bene. Volevamo solo stare sempre insieme. Tutto qui. Lui era bello ed era pieno di donzelle. Io anche. Una sua fidanzatina decise che il nostro rapporto non era cosa. Fece di tutto per tenerci lontani. Non ci riuscì: noi ci cercavamo sempre. Era davvero un rapporto puro. Speciale. Arrivò la donna della sua vita, così diceva, che ci divise per sempre. O lei o me. Scelse lei. Quando vado in ospedale a fare le mie flebo, penso a quando accompagnavo lui. Sorrido. Chi l’avrebbe mai detto che sarebbe toccato anche a me … L’unica differenza è che noi eravamo piccoli, io avevo sedici anni, lui qualcuno più di me ed eravamo spaventati e increduli. Ricordo i momenti in ospedale con lui con una tenerezza infinita, speravo per lui che potesse vivere a lungo e che potesse avere una vita meravigliosa. La stessa cosa che, ora, spero per me.

Come l’ultimo giorno di scuola

L’ultimo giorno di lavoro, come l’ultimo giorno di scuola. Non vedevo l’ora quest’anno che arrivasse questo momento. Sono felice. I saluti. Abbraccio chi mi è stato vicino e ringrazio. Abbraccio forte chi non vedrò più. Mi sento triste. Abbraccio ancora e forte. Mi escono lacrime perché il cuore sobbalza. Abbraccio forte chi è stato dalla mia parte durante i miei giorni di dolori e mi ha sorriso. Ho sentito per caso un discorso e un nome. Mi spiace per chi non è stato bene e ha perso un’occasione. L’ho sentito per caso e mi sono sentita triste. Immagino la sua amarezza e delusione. E non ne sono felice. Spero sia in grado di cambiare vita e cambiare tutto. Spero che non si abbatta. Ma non glielo posso fare sapere e anche questo mi intristisce. Ho conosciuto persone meravigliose, forse perché mi sono donata di più. Ieri sera io e due fratelli ci siamo guardati e ci siamo detti Ma come mai ci stavamo così antipatici? Non lo so, sarà stata questione di pelle… Riscoprirsi e ri-conoscersi e darsi una nuova opportunità. Avrei perso tanto. Una collega ti dice Sei stata una delle persone più importanti per me qui dentro. Un’altra ti dice È stato bellissimo lavorare così tanto insieme quest’anno, mi hai fatto stare bene. Parole che nutrono il cuore. Forse, tra tante cose brutte, ho fatto anche delle cose belle, molto belle. E allora mi dico Brava Ale. Il nonno andrebbe fiero di te. L’ultimo giorno di qualcosa lascia sempre un sottofondo di tristezza e malinconia.

In mezzo

Mi trovo esattamente nel punto nel quale scorre la vita. Sono proprio qui in mezzo e mi faccio investire in pieno. Sto precisamente nel mezzo. Mi prendo cura di me. Scopro cose nuove. Scopro che, ad ogni batosta, sono qui nel mezzo e non mi nascondo. Ogni batosta mi fa reagire e mi sprona ad andare avanti col sorriso. Anche gli uomini più forti, a volte, si spezzano. Mi spezzo e mi ricompongo perché sono forte. E allegra. E positiva. Mi avvicino con grazia alle persone e alle cose da vivere. Mi tengo accanto solo chi mi dimostra che sia speciale, non quelli che sfruttano e ti gettano perché non gli servi più. Non c’è bisogno di far chissà quali gesti plateali con me, basta davvero poco per avere un mondo in cambio. Sono tante le persone che mi aiutano quando la malattia diventa cattiva o quando la testa si vuole inceppare. Sono tante e sono loro che mi portano a non perdermi d’animo mai. Canto, salto e ballo. E canto ancora. Un bacio per cominciare la giornata e una stretta di mano che mi tiene ancorata là, nel mezzo. Lunedì mattina mi hanno trovato un posto per fare la risonanza. Scoprirò che cosa poi mi attenderà. Altre batoste ma seguiranno altre vittorie perché non voglio mollare. Al lavoro mi aspettano sempre pronti a fare festa perché porto felicità. Ognuno dei miei compagni mi regala risate ogni giorno. E ricambio perché sono debitrice ad ognuno di loro e me lo ricordo. Tengo bene a mente quello che stanno facendo per me, andando oltre i miei difetti e soffermandosi sui pregi. E Londra mi aspetta, sempre e comunque. Londra è leale.

Incontri

Incontri. Casuali. Sbatti contro persone belle e brutte. Quando incontri persone brutte che ti fanno del male, non ci stai bene ma poi usi quello che ti hanno fatto per ridere coi tuoi amici. Gli amici, quelli che rimangono nella tua vita perché lo decidono, perché ti credono un essere bello per la loro vita. Poi incontri persone belle. Anche molto belle. Un incontro anche di pochi attimi ma che ti lascia tanto e ti fa capire quanto possa essere bella la vita. Basta poco. Basta anche solo un gesto o un sorriso. Un sorriso puro che rivela un animo puro e allora gli auguri di essere felice e di fare qualcosa che lo possa rendere felice. Un animo puro che ti apre la porta e ti fa passare, ti porta un regalo piccolo che ti sta in tasca ma che ti lascia qualcosa di grande per il nutrimento della tua anima. Saluti, abbracci e ringrazi. E lo dici che ti ha fatto bene scontrarti con lui. Provi piacere e ti senti triste a vederlo andare via. Ma gli permetti di andare perché quello che ti ha lasciato lo ricorderai a lungo.

Imparerò

Ci sono persone non leali. Ne ho da poco incontrata una. Un uomo più grande di me, sul lavoro, non è stato corretto e non si è assunto le sue responsabilità. Mi sono arrabbiata e tanto perché la slealtà non la tollero. Se sono corretta, pretendo correttezza. Ci si rende conto che non valga la pena nemmeno arrabbiarsi, ma Ape è impulsiva e lo ha inchiodato al muro. Dovrei andarci piano con questa malattia. Dovrei fregarmene e non accettare provocazioni. Ho tentato ma proprio non ci sono riuscita. Ho ancora molto da imparare. Risultato: ho ancora i nervi che mi tremano, per colpa di uno che ho capito valga zero. Imparerò. La cosa più bella in tutto questo sono le altre persone, quelle che sanno come sia fatta e quanto sia sbagliato essere sleali con me. Cerco di comportarmi bene, di essere onesta, cerco di impegnarmi nelle relazioni sociali. Devo imparare a farmi scivolare addosso le cose. Imparerò. Un amico mi è venuto a prendere e mi ha portata via. Una roccia salda alla quale aggrapparsi e della quale mi sono fidata e mi son fatta portare via perché sapevo stesse facendo qualcosa per il mio bene. Se tante persone sono dalla mia parte ogni giorno, vorrà pur dire qualcosa. Oggi ringrazio ufficialmente la roccia salda. Ringrazio chi si è interessato di come stessi. Ringrazio chi mi sprona e chi ogni giorno combatte con me e mi aiuta. Ringrazio voi con i vostri messaggi. Sempre. Un po’ avete imparato a conoscermi e sapete che mi metto a nudo e non nascondo nulla. Dico il bello ma anche il brutto e non è cosa semplice scrivere anche delle cose negative che si combinano. Io son così, cerco di essere leale e certe cose mi fanno stare male. Si impara. Imparerò.

Grazie Stefano.

Anime pure

Qualcuno entra nella tua vita ed è delicato. Riconoscere chi merita e ti soffermi. Riconoscere qualcuno onesto come te e puro nell’anima. A volte si prendono cantonate, grosse ma, spesso, va bene. Fidarsi di qualcuno. Un bel regalo che ti viene fatto. Fidarsi è lasciarsi andare. Fidarsi è una cosa grande, un dono che fai. Riconoscere anime semplici, senza troppi giri di parole, anime che ti guardano dritte negli occhi anche per dirti cose poco piacevoli. Poi ci sono le anime che abbassano lo sguardo e mentre parli se ne vanno e girano le spalle. Persone poco rispettose che, quando noti questi atteggiamenti da lontano, sai che devi girare al largo. Ci sono quelli che nel bisogno ti prendono per un braccio e sono disposte ad aiutarti a titolo completamente gratuito. Con un gesto, una parola, un messaggio, una telefonata. Riconoscere e riconoscersi. Ti giri e vedi qualcuno che ti è venuto incontro per aiutarti. Qualcuno di così vicino che ha capito che avevi bisogno. Era lì per te. Non ti domandi perché, non ti domandi nulla, ma quando lo vedi ti si apre il cuore perché è lì vicino a difenderti e sostenerti. Non hai nemmeno il tempo di dire grazie perché è già sparito. Anime pure come la tua che è bello avere vicino. Gli altri li lasciamo lontani, nei loro mondi disonesti e incompleti.

Mangiare insieme

Mi piace passare il tempo con persone che abbiano voglia di condividere e di stare con gli altri. Condividere il cibo o un bicchiere di vino. Condividere e apprezzare ciò che fanno le altre persone. Quando a lavoro mangiamo tutti insieme è davvero un momento prezioso. Passare le ore con qualcuno con cui è bello scambiarsi una risata. Questo è il succo della vita per me. Il succo che mi fa uscire di casa. Un nutrimento. Passo la maggior parte del mio tempo con persone che ho trovato, così, per caso. Persone così tanto differenti tra loro che sono perfettamente inserite in un plastico perfetto. Io sono parte di quel plastico. Mai prima d’ora mi sono trovata così bene e a mio agio in un plastico. In quel plastico perfetto, ma incasinato, mi sento parte di una famiglia e di una casa. Ho bisogno di qualcosa da ognuno, anche solo un sorriso quando la stanchezza mi porta a serrare le labbra. Una cosa ci accomuna… godere del tempo che abbiamo a disposizione. La vita, fino a prova contraria, è una sola e la dobbiamo vivere noi in prima persona come attori protagonisti e mai secondari. E quando sto così tanto bene non penso più a chi mi ha procurato dolore e a chi, volontariamente, ha deciso di ferirmi. Gratuitamente. Elimino. Le persone cattive e inutili le ho accantonate. Contano solo le persone che, nonostante tutto, sono ancora qui per me e che, con me, stanno bene.

Esperienze uniche

Si sta bene in un gruppo e si ha voglia di manifestarlo. Stare bene, il perché non si sa, ma si creano legami speciali così, tutti contribuiscono a rendere speciale un’esperienza. Stare bene come non lo si stava da tanto. Quando succede bisogna dirlo perché non capiterà di stare in quel modo ancora una volta. Si starà ancora bene, con qualcun altro e in altre situazioni. Ma un’esperienza che finisce rimarrà unica così. Da ricordare. Tutti hanno messo del loro, tutti hanno contribuito a creare una bella armonia.
Il mio primo psicologo lo diceva del nostro gruppo di scoppiati NON VI CAPITERA’ PIU’ PERCHE’ QUELLO CHE STATE VIVENDO QUI E’ UNICO. Verissimo. Succede la stessa cosa nella vita reale. Come le esperienze scolastiche, dall’asilo al liceo passando per le elementari e le medie. Cose che non si rivivono. Le cose belle sono uniche e non si ripetono. Ne puoi trovare altre, magari anche più belle, ma ogni situazione vissuta rimane unica.

Soggetto G. R.

Inizialmente faceva quasi fatica a salutare. Poi ci siamo scontrati e, non so come o quando, siamo diventati amici. Ha meno anni di me ma non sembra, sarà perché io mi sento sempre un’adolescente in vacanza. È una persona educata, intelligente e seria. Intelligente non perché abbia titoli di studio ma per una sottile ironia e una profondità interiore fatta di principi solidi. Sa scherzare e sa stare al suo posto. Rispetta le anime delle persone con la sua sensibilità e non le urta. Lealtà e correttezza sono due suoi tratti distintivi. Sta bene coi grandi, coi più piccoli e in ogni ambiente. Così pare, dalla mia visuale. Mi fa ridere. Va bene, non crede mai alle mie storie assurde ma, effettivamente, stenterei a credermi io stessa. Il fatto è che ascolto, chiedo e faccio domande. Osservo e catalogo nella mente. Al momento, se mi chiedono, tiro fuori aneddoti al di là dell’assurdo ma così assurdi da essere veri. Non sempre si ricrede ma io ci rido su. Come quando racconto a Davide la mia giornata, fatta di persone e fatti improbabili, finendo col tramortirlo di parole e nomi. Davide, però, passa il tempo con me e mi vive giornalmente e, molte volte, è testimone di tutto questo caos che mi si crea attorno. Ogni tanto gli presento qualche soggettone della zona. Vado sempre a comprare i giornali da uno sulla piazza che mi sta antipatico. Gli sono fedele perché, quando pago, mi strappa i soldi dalle mani come se avesse paura che mi metta a scappare per un euro e cinquanta. Sono andata a comprare la settimana enigmistica con Davide e gli ho detto PAGA TU E OSSERVA. Viene fuori dal chiosco nero perché ancora un po’ gli portava via un dito. Non mi credeva.. Quindi… abbiate fede nei racconti di Ape, Ape vede tutto da quassù!!!!!!! Ah… soggetto G. R. hai fatto caso all’edicolante ?????

Come uno spettatore

Un anello di congiunzione che accompagna generazioni diverse e le amalgama. Il cambiamento. La fine di un evento e l’avvicendarsi di un altro. Finisce una vita e ne inizia un’altra nel medesimo istante. Un filo che accompagna il susseguirsi degli eventi. Il riciclo della vita forse è proprio questo: voltare pagina per iniziarne una nuova, simile ma diversa. Non meglio e nemmeno peggio. Diversa. Vedere i cambiamenti come se si fosse uno spettatore che si siede in panchina. Accettare che gli eventi cambino e trovare un modo per adattarsi.
Trovarsi bene e avere qualcosa da dire a chi è più grande di te ma anche a chi è più piccolo, piccolo in un momento della vita dove contano solo gli amici e il gruppo nel quale si è inseriti. Trovarsi a proprio agio in situazioni e ambienti differenti. Stare bene con chi è compito e con chi urla cori da stadio in mezzo a una strada. Vivere anche in momenti dove sembra che non stai costruendo nulla. Ma solo apparentemente, ti convinci, a onor del vero, che stai costruendo anche lì.

Girge

Notte agitata a casa di Ape. Sarà il post Angelone e il pre risonanza… Ho fatto sogni assurdi capitanati da un essere assurdo che, a definirlo freak, sarebbe poco. Un degno avventuriero nei miei libri. Il super freak, dotato di quattro orecchie per sentire meglio, mi porta in giro e presenta persone che già conosco ma fanno finta di non avermi mai vista. Ho rivisto un mio amico del liceo. Non so nemmeno come ci eravamo conosciuti ma eravamo diventati grandi amici. Si ammalò al cuore e lo operarono e gli diedero così tanto cortisone da farlo diventare un piccolo uomo larghissimo. Ricordo che lo accompagnavo a fare flebo di ore. Gli tastavo di continuo i rotoli morbidissimi che gli erano usciti. Poi ci siamo persi. Non lo so il perché. Capita. Basta un cambio di numero o che ti rubino il telefono. A volte mi domando che fine abbia fatto e se stia bene. So che, se ci dovessimo rincontrare per caso e riconoscere anche dopo più di vent’anni, sarebbe come se non fosse passato un lasso di tempo così lungo.