Empatia

Piccola Sara, labbra rosse e screpolate. Occhialoni scesi fin sulla punta del naso. Piccola, rimasta piccola. Piccola per sempre. Quando succede qualcosa di indelebile nella vita di bambini, ecco i bimbi sviluppano lì un attaccamento alle persone: non vorrebbero perderle mai. Ma le persone si perdono, in qualsiasi modo. Puoi chiedere… non te ne andare anche tu, non sparire. Ma si va e si viene. Si inizia a diventare attenti e sensibili alle emozioni altrui. Si percepisce al volo, sulla pelle, se una persona sta male o bene. Si sa. Si percepisce. Si sviluppa un’attenzione scrupolosa alle altrui sensibilità. Stai all’erta, stai super attento. Empatia. Fortissima. Vorresti che tutti stessero bene e sereni. Vorresti solo regalare bene. Vorresti essere indispensabile per ognuno. Soffermarsi sulle vite altrui, chiedere, sapere, conoscere. Empatia. Non riesci a ignorare le emozioni che sentono gli altri. Un qualcosa che vibra, onde che assorbi. Se hai bisogno chiedi, sono qui. Empatia. Sapere quali siano le uniche cose che davvero contano nella vita. Lo capisci lì, in quel determinato momento. Non ferire. Ci provi ma non sempre ci riesci. Pervaso da sentimenti ed emozioni che ancora non sai di provare. Stai bene lontano dal luogo di abbandono perché, certe cose, le vuoi lasciare lì. A volte è molto difficile capire. A volte è tutto un caos. Cresci e diventi una somma di cose, tante, tantissimi tra sentimenti e fatti accaduti. Le domande sono tante e affliggono. Volete fare una cosa bella? Pensate. Se volete ferire apposta non fatelo, non si sa che cosa si portino dietro le altre persone come bagaglio. Avete ferito volontariamente? Chiedete scusa, cercate una soluzione.

Liberi

Un uomo piange. Lo vedo da lontano. Vedo un uomo fragile, un uomo che esterna anche se non vuole. Libertà di essere, libertà di fare, libertà di non seguire protocolli. Un momento di quelli più veri. Un momento condiviso senza neppure volerlo. Siamo tutti così diversi, un mosaico di persone, tessere attaccate l’una all’altra. Un mondo di minute tessere che provano emozioni e svolgono azioni nel medesimo momento. Io leggo, mentre la tessera a me vicina continua a pensare. Azioni diverse in medesimi istanti. Vivere. Provare. Esternare con voglia o controvoglia o esternare e basta. Si pensa troppo in questa vita, dovremmo pensare solo a divertirci il più possibile e vivere senza perdere momenti e attimi. Non è facile, a volte non si può. Io non voglio perdere cose o perdermi io chissà dove.

Giudicare

Ho un sacco di difetti e un sacco di pregi. I difetti non li elenco ma un mio pregio lo voglio mettere nero su bianco. Sono una persona molto buona. Sono sensibile. Sono empatica. Cerco di non fare del male, cerco di dare e cerco di capire che cosa potrei fare per fare felice qualcuno. Credo che questa sia la cosa migliore di me. Molto tempo fa una persona si è sentita giudicata da me perché mi aspettavo da lei le stesse cose che avrei fatto io. Mi è stato fatto notare. Ma l’ho capito solo dopo troppo tempo. La Robi in questo mi ha molto aiutata. Non siamo tutti uguali, non dobbiamo aspettare che le persone agiscano come agiremmo noi o che facciano per noi quello che noi ci aspettiamo solo perché noi ci comporteremmo così. Spero di essermi fatta capire. Mi sono molto impegnata. Cerco di prendere ciò che mi danno senza giudicare. La stessa cosa ora la voglio per me. Non voglio che qualcuno stia lì col dito puntato a mettere sotto la lente di ingrandimento quello che faccio o come mi comporto. Io agisco pensando di fare del bene e cose positive. Qualcuno può anche recepirlo in modo diverso. Non agisco per ferire. Sono stanca di chiedere scusa. Voglio solo ringraziare. Se mi dicono che sbaglio chiedo perdono. Una volta, due, tre, quattro, cinque…. Ma poi mi stanco… è possibile che commetta solo errori? Non voglio più sentirmi inadeguata o stupida. Perché? Se agisco pensando di fare una cosa bella… poi posso anche sbagliare ma non voglio sentirmi come se facessi solo cose sbagliate. Siamo tutti diversi. Ognuno agisce in conseguenza a ciò che ha vissuto o come è cresciuto. Se ci va bene o male poi sarà come siamo fatti a dirci di prendere una direzione piuttosto che un’altra. La persona che mi fece aprire gli occhi ormai l’ho persa. È un bene perché molte cose le fece per farmi del male gratuito. Ma io la giudicai col dito puntato e il bene che gli feci venne annullato e cancellato così che smise di vederlo del tutto.

Parole

Passare un giorno da soli coi propri pensieri e coi propri sogni. Aspettare di stare bene e programmare un’uscita che deve essere indimenticabile. Leggere… il blog degli altri o un libro. Rileggere i propri pensieri annotati su un quadernino. Pensare a domani e sperare di essere pronti per uscire. Un regalo di compleanno ancora da comprare e due compleanni ancora da festeggiare nell’immediato. Aspettare con ansia il giorno della libertà perché la voglia di uscire a spaccare il mondo è troppo forte. Conoscere persone che valgano la pena di essere vissute. Chiudere con chi ha sapore di poco. E fregarsene pure di farglielo sapere. Ha senso solo quello che penso io. Dare la priorità a se stessi. Dare valore alla propria anima. E dimenticare il resto, dimenticare immediatamente chi non è stato carino, educato e di parola. Avere voglia di fare un regalo perché si possiede un cuore generoso. E allora decidere di sfruttarlo al massimo continuando a dare agli altri,  ma solo a quelli che gioiscono e apprezzano.  E accettare tutto quello che ti possono dare le persone, ma solo quelle che hanno un valore immenso per te. 

Sei felice? 

Anno passato. Tempo di bilanci? Ma anche no. Tantissimi alti,  tantissimi bassi. Riso tantissimo,  avuto molto. Pianto no. Non riesco più. Le ultime lacrime anni fa nella stanza di mia zia,  lei moriva e io iniziavo qualcosa di nuovo. Non riesco più a piangere. Eppure sono una persona sensibile. Chiedo spesso alle altre persone Sei felice? A me sembra una domanda normale,  sarebbe il mio modo di chiedere come stai?  eppure le persone non sanno che cosa rispondere. Uso spesso la parola felice. Ho una visione fanciullesca della vita. Ho una visione bianco o nero. O sei felice o sei triste. Non sono ammesse mezze misure. Sono così da quando ero piccola. Felice… una parola che mi piace. Eppure sono felice. Nonostante tutto sono felice. So che non tutto è rosa e fiori. Lo so bene. Ho passato giornate brutte. Mi sono sentita molto sola nelle mie giornate di ospedale. Eppure c’era sempre qualcosa di bello. Anche nelle giornate di flebo. Anche dentro al tubo della risonanza. Ho conosciuto persone uniche. Tante. Io mi butto nelle relazioni perché sento le persone. Solamente una persona è riuscita a farmi molto male e senza alcun motivo. Male gratuito. Ma io sono ancora qui. Ho dentro una sofferenza latente… ma pazienza. È solo una. Ho conosciuto una donna speciale che abita vicino a Pavia. Una donna che mi sta dando tanto e che sento accanto. E sono felice. Passo notti a urlare dal dolore. Ma il mattino mi alzo e cammino e come posso non essere felice? Ma sì,  sono felice. Spero in un anno con tante risate. Con tante persone. Vecchie e nuove. E spero che mi rispondano tutti come Ago… Ago… sei felice?  Si,  sono felice. 

La retta via

È un periodo della vita che mi sento come se mi avessero strappato un pezzo di carne e un pezzo di anima. La mia amica Robi,  l’anima della coppia,  mi ha detto delle cose che mi hanno fatto pensare e riflettere e, a volte,  ho bisogno di qualcuno che mi rimetta a posto. Mi ha ribadito che, se anche qualcuno mi ferisse, mai devo mettere in dubbio me o il mio valore e che non devo farmi risucchiare dalle cose negative e dalle negatività degli altri. Vero. A volte me ne scordo ma per fortuna c’è lei con quegli occhioni a fumetto a rimettermi sulla retta via. 

la casa dei nonni

Ricordo la casa dei nonni e un pranzo domenicale d’autunno. Ricordo la casa coi vetri appannati.

Ricordo gli odori del brasato coi chiodi di garofano  e delle lenticchie e ricordo il paiolo sul fuoco. I nonni bisticciavano di continuo mentre noi quattro piccole pesti gli correvamo intorno.

Ho gioia nel ricordare ma anche tanta malinconia. Vorrei ributtarmi indietro per carpire cose che potrebbero essermi sfuggite. Eravamo felici di stare tutti insieme. Ridevamo e si urlava parecchio. Poi ti volti e scopri che manca qualcuno all’appello.

La pace

Il mio primo psicologo mi diceva che dovevo essere io a prendermi cura di me. Nessun altro se non io.

Oggi ho visto un amico speciale. Ora mi trovo seduta al fresco a gustarmi una granita al limone. Solo io. Sola con me stessa. Guardo la gente che passa e osservo la quotidianità degli altri. La città sembra in pace, non sembra nemmeno di stare a Milano. Forse sono in pace io e mi sembra che tutto il puzzle si sia ricomposto perfettamente. Penso con dispiacere a chi si è allontanato da me, ferendomi, e son sicura che quella persona nemmeno lo sa e nemmeno se ne sia resa conto del male che mi ha inflitto. Ma Ale oggi è qui in pace con Ale. E sta bene. 

Ieri ho compiuto 39 anni. Sono felice perché sto abbastanza bene. Sono felice che oggi tutto il mio corpo risponda all’appello. Nessun muscolo o nervo si è tirato indietro.

Sono serena. Sono calma e in pace. La città è bella nonostante i 34 gradi che segna il termometro. Nonostante il traffico. Nonostante le sirene che passano. Nonostante tutto la città sembra in pace come me.